🍣🍔Il food delivery e il nuovo normale
Già prima della pandemia e dei ristoranti “solo per l’asporto”, sono caduto più volte nella tentazione del food delivery. In alcun mesi mi sono ritrovato sull’estratto conto della carta di credito un importo complessivo da cena stellata per essermi concesso una volta a settimana il lusso di mangiare hamburgher tiepidi a casa (e parliamo del 2018). Eppure, vuoi per provare l’ebrezza di azionare la logistica last mile con un tap del telefono, vuoi per la pigrizia di non dover caricare l’ennesima lavastoviglie, periodicamente ci ricasco. La pandemia - almeno in questo - mi ha reso meno solo, convertendo forzatamente al “food delivery" milioni di orfani delle cene al ristorante.
E’ uscito il prospetto per la quotazione di Deliveroo al London Stock Exchange e io non vedo l’ora di seguire i mangoddi (soldi) spesi per sushi, gelati, pizze e hamburgher consegnate in meno di 30 minuti al pianerottolo di casa mia.
Anziuttto, chiamiamo la società con il suo nome. La società che si quoterà si chiama Roofoods Ltd (“Roo” è un marchio registrato che sta molto a cuore al fondatore Will Shu e non ha mai voluto cambiare la ragione sociale allineandola al marchio commerciale, sapevatelo).
Roofoods ha registrato nel 2020 ricavi pari a 1,2 miliardi di sterline (commissioni dai ristoranti, fee per la consegna dagli utenti, abbonamenti dagli utenti), un incremento del 54% rispetto al fatturato 2019. Sì, c’è lo zampino del COVID-19, ma anche nel 2019 la società aveva registrato un tasso di crescita del 61%. La società mette comunque le mani avanti e scrive nel prospetto:
The growth in revenue we achieved in 2020 was due in part to COVID-19 lockdown restrictions and might not be representative of our performance in future periods.
Se come me stavate cercando indizi sule principali componenti di ricavo e le fonti di redditività, sarete delusi da un prospetto piuttosto scarno (le società di food delivery quotata sono molto restie e pubblicare dati di mercato). L’unica suddivisione che abbiamo del fatturato è tra le aree geografiche UK/Ireland e Resto del mondo (rispettivamente £599m e £591m). Per resto del mondo si intendono: Australia, Belgio, Francia, Hong Kong, Italia, Kuwait, Olanda, Singapore, Spagna ed Emirati Arabi (sì, manca la Germania, dove Deliveroo ha chiuso bottega per cedere il passo al copycat made in Rocket Internet Delivery Hero).
Il valore transato sulla piattaforma Deliveroo è stato di 4 miliardi di sterline nel 2020 e da questo numero possiamo ricavare un dato interessante. Per ogni sterlina transata sulla piattaforma, Deliveroo si becca 25 centesimi di ricavo (tra commissioni del ristoratore e quello che paga l’utente). E’ un punto di partenza.
Curiosità. Tra i ricavi troviamo anche 3 milioni di sterline concessi dal governo inglese come misura di ristoro contro il Covid-19.
In 2020, we received £3 million in relief grants as a consequence of the impact of COVID-19 on the food industry.
(io non lo direi ai ristoratori…)
Dal miliardo di ricavi bisogna togliere i costi del venduto, che sono essenzialmente i costi dei rider e le fee per le carte di credito: complessivamente erano 834 milioni di sterline per una flotta di 110.000 rider. Le fee per le carte di credito sono mediamente del 2% (20 milioni di sterline), per cui il grosso di quei 834 milioni di sterlini sono per i rider. L’avete fatta anche voi la divisione? Eh sì, Deliveroo paga mediamente 8-9 mila sterline l’anno per ogni rider.
Anche qui la società mette le mani avanti:
Our business would be adversely affected if our rider model or approach to rider status and our operating practices were successfully challenged or if changes in law require us to reclassify our riders as employees.
We are engaged in such proceedings in a number of the countries in which we operate including the United Kingdom, France, Spain, the Netherlands, and Italy.
E l’Italia è per Deliveroo una bella gatta da pelare stando al prospetto, visto che Deliveroo potrebbe trovarsi a pagare contributi, ferie, etc ai suoi rider con effetto retroattivo da settembre 2015 a ottobre 2020:
In the terms of Italy, following an industry-wide investigation into riders of food delivery platforms, government agencies in Italy have initially concluded that Deliveroo riders operating under historical rider models should have been engaged on a quasi-employee basis. This would entitle them to receive the same benefits as employees, including the minimum wage for time worked, paid holidays, paid sick leave and severance entitlements on a backdated basis from our launch in September 2015 to October 2020 until we replaced our rider model in Italy in November 2020. While we plan to appeal the outcome of this investigation, such amounts may be material and, even if we are successful in an appeal, any back payments that we may be compelled to make to riders before the conclusion of any appeal may be irrecoverable.
Di quanto parliamo? La società ha accantonato 112 milioni di sterline. 80 milioni di sterline solo nel 2020. E’ quasi il 10% dei ricavi 2020 e se calcoliamo questa % sui ricavi della sola Italia (che non conosciamo, ma facciamo finta che siano un quarto di quei 500 milioni di ricavi realizzati nell’area “Resto del mondo”), probabilmente Deliveroo sta rimpiangendo il giorno in cui è entrata sul mercato italiano. Certo è che se un solo paese come l’Italia può pesare in termini di rischi giuslavoristici sul 10% dei ricavi globali, c’è da aver paura… E sarei curioso di conoscere la persone che hanno messo a lavorare a Roma in uno spazio di 5mq
Tornando ai conti di Deliveroo - anzi Roofoods - abbiamo detto che togliendo dal miliardo e passa di ricavi gli 834 milioni di costo del venduto, restano 356 milioni di sterline di gross margin, il 30% del fatturaro.
Da qui bisogna togliere poi: (i) quei famosi 80m per accantonamento relativi a cause legali; (ii) 135 milioni di spese di marketing (hai presente quei coupon da 10 euro per il primo ordine…); (iii) 204 milioni di costo del personale (100 mila sterline di costo azienda medio per i 2.000 dipendendi di Deliveroo, non ditelo ai raider).
Fa un po’ impressione pensare che una società da 2.000 dipendenti controlli più di 100.000 rider sparsi, ma tant’è. Potenza dell’algoritmo. Non è un caso che la maggior parte di quei 2.000 dipendenti sia classificato come “Technology, operations and administrations”. Curioso anche il fatto che l’area Sales and marketing sia stata ridotto drasticamente da 830 a 200 FTE (segno che non servono più persone sul campo per arruolare ristoratori nella piattaforma).
Insomma, per farla breve, quel gross margin non è abbastanza per coprire i costi di struttura e Deliveroo ha perso anche nel 2020 oltre 200 milioni di sterline. In cassa ci sono 460 milioni di sterline. E’ chiaro il motivo per cui Deliveroo stia raccogliendo 1 miliardo di sterline con questa quotazione (e alcuni azionisti ne approfitteranno per vendere).
A che valutazione? I multipli di società più comparabili (DoorDash e DeliveryHero) sono compresi tra le 5 e le 8 volte i ricavi del 2022. Se ipotizziamo ricavi per 1,5 miliardi nel 2022, Deliveroo potrebbe aspirare a una valutazione compresa fra 8 miliardi e 12,5 miliardi di sterline (probabilmente si arriverà alla media di 10 miliardi)
Tra gli investitori che guadagneranno ci sono i soliti fondi di VC.
Index ha investito ha investito a una valutazione di 9 milioni di sterline nel 2015 (potrebbe fare 1000x). Amazon ha investito 575 milioni di sterline in Deliveroo nel 2019 a una valutazione di 3 miliardi.
Bel colpo anche per i dipendenti di Deliverro che incasseranno complessivamente stock option a valere su circa il 10% della società (un miliardo se la società dovesse raggiungere la valutazione sperata da 10 miliardi), 550 mila sterline a dipendente mediamente… Per gratitudine (o senso di colpa), Deliveroo ha istituito anche un “Thank you fund” con cui distribuirà un bonus pool da 55 milioni di sterline ai suoi 35.000 rider più attivi.
Dal prospetto si evince come Deliveroo stia puntando molto sulla logistica last mile, sulla spesa on-line e alti servizi a valore aggiunto come ghost kitchens. Insomma, il cibo non è profittevole e sembra rappresentare per Deliveroo quello che i libri rappresentavano per Amazon nel nei primi anni 2000.
Nell’assetto attuale difficilmente potrà mai diventare profittevole, ma Amazon ci ha insegnato che se crei l’infrastruttura e riesci ad attrarre utenti, qualcosa alla fine riuscirai a fare.
Ancora fintech
Se ci fosse un oroscopo finanziario, questo sarebbe l’anno delle fintech
Stripe ha ottenuto una valutazione di 95 miliardi di dollari in aumento di capitale privato da 600 milioni. A quanto si quoterà? Quanta poca crescita verrà lasciata sul piatto degli azionisti retail che compreranno una volta che potranno comprare le azioni sopo le quotazioni? Il business di Stripe è prendersi una fee sulle transazioni con carta di credito (il classico “merchant acquiring”) e ha cavalcato l’onda dell’e-commerce ottenendo una valutazione di 11 volte i ricavi (come un food delivery, dai).
Il suo business model - e quello di altri merchant acquirer come Adyen o Nexi - potrebbe essere minacciato da una fintech svedese chiamata Trustly che sta cercando di quotarsi a una valutazione intorno a 11bn. Trustly bypassa gli schemi delle carte di credito usando direttamente i conti correnti. Per questo ottiene margini molto più alti di Square o Adyen, ma deve accontentarsi di volumi molto più bassi: i consumatori sono abituati a utilizzare la carta di credito e ricorrono a Trustly solo nei casi in cui il merchant non può accettare carte di credito per motivi vari (non vuole pagare commissioni alte o - molto più spesso - è escluso dai circuiti per attività a rischio - gambling ad esempio)
E per finire la carrellata delle fintech, abbiamo la piattaforma di trading eToro che si quoterà fondendosi con la SPAC fondata da Betsy Cohen (Fintech Acquisition Corp V) ottenendo una vautazione di oltre 10 miliardi di dollari (600 milioni di ricavi l’anno).
eToro è una piattaforma di trading israeliana con 20 milioni di clienti in Europa che punta molto sulla gamification e viene considerata la Robinhood europea. Speriamo che non generi gli stessi disastri.
Back to normal?
C’è solo un settore in questo momento più amato delle fintech tra gli investitori: gli hotel e il settore hospitality
Airbnb è salita del 40% rispetto alla quotazione. Booking è su del 20% rispetto ai livelli pre-covid e lo stesso si può dire per Hilton e Marriott, nonostante il 2020 sia stato tragico e nonostante il 2021 per ora non stia mostrando segni di vitalità.
Tutti puntano su una ripresa poderosa del settore dopo il COVID, ma non si capisce come le stesse società possano il 20% dei livelli pre pandemia.
Eppure, una buona fetta di viaggi per affari sarà permanentemente persa anche nel futuro (le aziende ormai rinunceranno alle trasferte) e il turismo di massa tarderà a tornare ai livelli pre pandemia.
A Hong Kong, dove la pandemia è stata contenuta molto meglio che in Europa, i proprietari stanno riconvertendo le camere d’hotel in appartamenti da vendere sul mercato. Segno che non credono molto alla ripresa del turismo (o che il mercato real estate residenziale valga molto più dei flussi di cassa generati da un hotel). Se è facile convertire un hotel in real estate residenziale, l’operazione inversa è molto più difficile.
Si staranno sbagliando i mercati o i proprietari asiatici?
Intanto c’è un altro valore che sta tornando rapidamente ai valori pre-pandemia
Nonostante le rassicurazioni e gli acquisti massivi della Fed, gli investitori continuano a vendere titoli di stato americani e il tesoro americano continua ad emetterne per finanziare l’enorme programma di stimoli all’economia. Chi ha investito in titoli di stato decennali a inizio anno ha già perso il 15%.
Il tasso di rendimento implicito del titolo decennale americano è oltre l’1,7%. Non è un valore alto, ma preoccupa la velocità con cui è arrivato lì e - soprattutto - il fatto che ci sia arrivato in qualche modo contro il volere della FED (la Grecia recentemente si è finanziata a trent’anni con tassi simili). Alcuni temono che la FED stia perdendo il controllo della politica monetaria e che sia ostaggio dei mercati. E certo, se i tassi dovessero tornare al 3%, Deliveroo e le varie fintech dovrebbero accantonare l’idea di essere valutate con multipli a due cifre sul fatturato e fare i conti con redditività e flussi di cassa, come tutte le società normali. E così un po’ tutto il mercato azionario
Vi lascio con un’intervista a Yuval Noah Harari in cui lo storico/tuttologo israeliano (c’è ancora qualcuno che non ha letto Sapiens?) vede il pre e post pandemia da un punto di vista più… millenario.
Buon weekend a tutti e, se vi è piaciuta questa mailing list, condividete con amici e colleghi sui vostri social con il tasto che trovate qui sotto (ché sennò perdo la motivazione).