Cari amiche e amici dei Mangoddi,
Me l’avete chiesto in modo abbastanza plebiscitario: cosa è successo con Silicon Valley Bank e cosa sta succedendo con le banche in generale? Le notizie corrono più veloci di questa newsletter: dal fuocherello di Silicon Valley Bank, sta ormai divampando un incendio. Qui si parlerà di Silicon Valley Bank, non senza menzionare le varie ramificazioni e conseguenze per tutto il sistema bancario da questa e quell’altra sponda dell’oceano.
Questo numero è dedicato a Marco e Andrea con cui sabato a cena abbiamo parlato di questi ameni argomenti: parlarne aiuta molto a scriverne.
Banking for dummies
Le banche sono istituzioni con bilanci molto particolari. Nei loro bilanci ci sono da una parte una grandissima massa di debiti, dall’altra una grandissima quantità di crediti. I crediti producono interessi per la banca che poi dovrà, a sua volta, pagare interessi sui debiti che ha contratto. Quando gli interessi sui soldi che la banca presta sono superiori a quelli che la banca deve pagare sui soldi che prende in prestito, la banca realizza quello che si chiama margine d’interesse. Il margine d’interesse dev’essere sufficientemente grande per coprire i costi del personale, altri costi operativi, le perdite relative a creditori che non ti pagano e, infine, remunerare gli azionisti che hanno gentilmente fornito alla banca il patrimonio netto per poter operare in quanto banca. Le banche fanno soldi anche con commissioni e trading, ma per il nostro scopo è sufficiente un modello semplificato.
Gran parte del passivo di una banca è formato dai depositi, cioè i soldi che voi mettete sul conto corrente e che la banca vi deve restituire “a vista”, in qualsiasi momento vogliate disporne. Le banche italiane mediamente si finanziano per il 70% con i depositi; quelle francesi utilizzano un po’ meno i depositi per il loro funding (50% dei debiti), mentre banche d’affari e cosiddette società specialty finance vi ricorrono ancora meno (30-40%).
I depositi sono strane forme di finanziamento. All’apparenza possono sembrare forme a brevissimo termine, ma nella sostanza e per buona parte sono forme di finanziamento a lungo termine per una banca: tutti teniamo un cuscinetto di liquidità fisso in banca in caso di necessità che non spostiamo mai. Inoltre, essendo i depositi di una banca medio-grande ripartiti tra centinaia di migliaia di soggetti diversi, c’è un fattore diversificazione importante che rende molto raro un evento in cui gran parte dei depositi si sposta tutta insieme. Il grado di stabilità dei depositi quale fonte di finanziamento dipende sostanzialmente da diversi fattori quali: (i) grado di diversificazione (più diversificati sono, più sono stabili); (ii) “Beta”, cioè il grado di mobilità dei depositi al variare delle condizioni sui tassi di interesse (meno sono sensibili più sono stabili); (iii) velocità di transazione (meno facile è spostare il denaro, più i depositi sono stabili). Le banche contano sul fatto che i depositi non lascino la banche tutti assieme, esattamente come una compagnia assicurativa conta sul fatto che i suoi assicurati non facciano sinistri tutti in massa nello stesso momento.
I depositi sono sempre stati una delle forme preferite di funding preferite dalle banche per una serie di ragioni. La principale è che sono sempre stati prezzati male (a favore delle banche). I consumatori accettano tassi bassissimi perché considerano il conto corrente una forma di impiego a brevissimo tempo (molto spesso il conto corrente non viene neanche considerata una forma di impiego della liquidità, ma solo un “cassetto” in cui tenerla), mentre le banche la trattano come una fonte di finanziamento a medio-lungo termine, molto stabile peraltro, per ragioni statistiche.
Tradizionalmente le banche con una forte componente di funding basata su depositi, sono sempre state ritenute più solide e stabili rispetto a banche più dipendenti dal cosiddetto mercato wholesale (obbligazioni, mercato interbancario, etc.), specialmente dopo il fallimento di Northen Rock e altre banche irlandesi. Ve la ricordate Northen Rock, la banca inglese specializzata nei mutui che fallì nel 2007 e che oggi opera con il brand Virgin Money? I depositi rappresentavano il 20% delle fonti di finanziamento di Northen Rock e proprio la mancanza di una base solida di depositi e un’eccessiva dipendenza dal funding wholesale fu una delle ragioni del suo fallimento (oltre al fatto che i suoi debitori avevano cominciato a non pagare i mutui ovviamente)
California here we come
Silicon Valley Bank (per brevità SVB) è una banca apparentemente molto solida che si è trovata a trattare con una clientela molto particolare: l’ecosistema delle startup, ovvero tutta quella pletora di società finanziate da fondi di venture capital, i dipendenti di quelle società, i founder di quelle società, i fondi di investimento che finanziano quelle società e così via.
Cosa ha di tanto attraente SVB per questo ecosistema? Non saprei… La banca parla di un approccio speciale e servizi su misura per quella clientela, qualunque cosa voglia dire, ma ho l’impressione che ci siano anche motivazioni più concrete. Sembra che SVB fosse abbastanza leggera sull’onboarding di nuovi clienti (antiriciclaggio, KYC, etc.). Qui sotto uno degli ex clienti di SVB che si lamenta perché non riesce ad aprire un conto da Chase Bank
Come sapete, tra il 2019 e il 2021 l’ecosistema delle startup ha goduto di un boom straordinario. Chiamatelo effetto COVID, chiamateli tassi bassissimi. Il riflesso positivo di quel boom per SVB è stata una crescita straordinaria della liquidità depositata da tutti i suoi clienti. Depositi che sono più che triplicati fra il 2019 e il 2021 arrivando a 198 miliardi di dollari (nello stesso periodo la crescita media dei depositi negli Stati Uniti è stata intorno al 40% (un quinto della crescita di SVB). Il tasso che SVB pagava su quei depositi era dello 0,04% nel 2021.
Contrariamente a tutte le altre banche con una clientela “normale”, SVB non aveva molta scelta sugli impeghi. Le startup sono clienti corporate molto particolari che di solito non hanno bisogno di debito e sono pieni di liquidità (lo stesso vale per founder, fondi, etc.), per cui SVB non aveva altra scelta che impiegare tutta quella liquidità su sicurissimi titoli di stato.
Quanto è sicuro un titolo di stato americano? Tanto, se per “sicuro” intendiamo la probabilità che il tesoro americano onori il suo debito. Detto ciò, i titoli di Stato, come tutte le obbligazioni a tasso fisso, sono soggette al cosiddetto rischio duration. Se vuoi rivendere il titolo di Stato sul mercato, il suo valore sarà più o meno alto a seconda di come la cedola (il coupon) pagato da quel titolo si confronta con il livello dei tassi sul mercato. Titoli con cedole basse in un contesto in cui i tassi sono alti avranno un valore scontato. Il valore dello sconto è tanto più alto quanto è lunga la scadenza di quel titolo. Titoli con cedole più alte del livello dei tassi disponibile in quel momento, invece, possono essere rivenduti a premio.
SVB non si era limitata a investire in titoli a breve termine o titoli a tasso variabile, ma, per puntellare un po’ il conto economico aveva cominciato a investire in titoli a più lunga scadenza – con maggiore rischio duration - in un momento (il 2021) in cui i rendimenti non erano particolarmente alti. Il CFO di SVB aveva infatti dichiarato a fine 2021 che puntava a un rendimento del suo attivo intorno all’1,75%. A fine SVB aveva investito a un tasso medio dell’1,54% con una duration d 4 anni
Banche e assicurazioni possono rendere il loro bilancio meno sensibile alla variazione dei tassi – cioè al rischio duration - classificando i titoli con duration più alta in un comparto di bilancio chiamato “hold to maturity”. Non è che lì i titoli non si svalutino se i tassi salgono, ma siccome la banca dichiara di averli acquistati per tenerli fino a scadenza, quando saranno rimborsati alla pari, il bilancio non tiene conto di quelle minusvalenze potenziali date dalle quotazioni di quei titoli sul mercato e le mette sotto il tappeto (è lo stesso principio che abbiamo descritto qualche numero fa per le polizze vita di ramo primo). La cosa funziona finché non sei costretto a vendere quei titoli prima della scadenza. Se ne devi venderne anche solo un paio prima della scadenza, tutti gli altri vengono rilevati al nuovo valore di mercato con effetti sul conto economico (positivi se il prezzo è superiore al prezzo d’acquisto, negativi se il prezzo è inferiore).
Le attività disponibili per la vendita di SVB sono cresciute da 14 miliardi di dollari a 27 miliardi di dollari tra il 2019 e il 2022. Nello stesso periodo le attività classificate come “hold to maturity” sono invece cresciute da 14 miliardi di dollari a 98 miliardi di dollari.
Conoscete tutti qual è stato l’andamento dei tassi e potete immaginare quanto i titoli di Stato acquistati da SVB si siano svalutati nell’ultimo anno. Qui sotto un grafico che mostra il rendimento dei titoli di stato decennali degli ultimi cinque anni:
A fine 2022 le perdite latenti nel bilancio di SVB erano pari a 16 miliardi di dollari, un valore superiore al patrimonio netto della banca che era di circa 11 miliardi di dollari. Nessun problema, però, perché quelle perdite sono latenti e la banca le sostiene solo se costretta a vendere i suoi titoli.
E perché mai SVB dovrebbe vendere quei titoli? Se la marea di deposti che ha alimentato la crescita del mio bilancio tra il 2019 e il 2021 comincia a ritirarsi, anche il mio bilancio deve rimpicciolirsi e c’è solo un modo di farlo: vendendo i titoli che ho nell’attivo. Quando i deflussi diventano troppi e troppo concentrati, tanto da dovermi costringere a vendere anche i titoli che ho nel comparto held to maturity, cominciano i guai, specialmente se quei titoli devo venderli realizzando minusvalenze.
Vi ricordate la storia dei depositi? Sono a lungo termine, sono altamente diversificati, etc, etc. Quindi una banca con tanti depositi non dovrebbe avere problemi vero?
SVB ha scoperto a sue spese che i suoi depositi non erano poi così diversificati. Se ho tra i miei clienti 10 startup partecipate tutte dallo stesso fondo, 100 dipendenti di quelle startup e il fondo stesso, alla fine non ho un 111 clienti che mi diversificano il rischio di un ritiro improvviso dei depositi, ma un cliente sol.
Quel cliente – cioè il settore delle startup – nel 2022 ha cominciato a soffrire per tutta una serie di ragioni (normalizzazione post COVID, tassi alti, costi eccessivi, etc.). Gli eccessi nel 2021 sono diventate ristrettezze nel 2022 e i saldi sui conti correnti dei clienti di SVB hanno cominciato a scendere, come è normale che avvenga in un periodo di vacche magre. Fin qui tutto gestibile. Quello che è stato meno gestibile, però, è stata una sorta di corsa allo sportello organizzata da alcuni fondi di VCs culminata nella giornata del 9 marzo in cui SVB si è trovata a dover gestire deflussi per 42 miliardi di dollari in un solo giorno mettendo in ginocchio la banca. Nella community della Silicon Valley ha cominciato a circolare la voce che SVB se la passasse male: i fondi di VC hanno ritirato la loro liquidità e hanno istruito le loro partecipate a fare altrettanto.
Che succede ai depositi di una banca quando la banca non è in grado di pagarli? Ogni sistema bancario ha un suo schema per assicurare i depositi fino a una certa somma. Negi Stati Uniti i depositi fio a 250.000 dollari sono assicurati da una specie di fondo comune chiamato FDIC. Sopra quella cifra, si ritiene (a) che sei grande abbastanza per valutare il rischio di mettere i soldi in una banca (b) che la cifra sia troppo grande per poter essere gestita a livello collettivo.
A fine 2022 SVB aveva circa 38 mila conti correnti con saldi superiori a 250.000 dollari (più del 90% del totale). Per la precisione il saldo medio di questi depositi era 4.2 milioni di dollari. Si può comprendere quindi la preoccupazione dell’ecosistema della Silicon Valley nel richiedere un intervento di salvataggio immediato di SVB da parte del sistema bancario. Qui un preoccupatissimo Bill Ackman che minacciava la fine del mondo nel caso SVB non fosse stata salvata da una banca più grande o i depositi garantiti al 100%.
Diciamo che tutti i manuali sul moral hazard (quel principio per cui se salvi sempre tutti, nessuno si preoccuperà di comportarsi virtuosamente) prescrivevano di lasciare che i depositanti patissero le loro perdite. I clienti di SVB non avrebbero perso tutti i depositi, ma si parlava di una stima intorno al 10-20%. Non parliamo poi di una banca sistemica o di una banca con una clientela diffusa tra classe media o medio-bassa (“i poveri risparmiatori”), ma della banca della Silicon Valley (letteralmente), un settore-regione che ha conosciuto una crescita senza precedenti nell’ultimo decennio.
Alla fine, però, il Tesoro americano e la FED hanno ceduto per lobbying, paura o chissà cos’altro decidendo di garantire tutti i depositi di SVB. Paola su questo è stata lapidaria e corretta:
Per qualche giorno SVB si è addirittura vantata di essere la banca più sicura degli Stati Uniti perché era l’unica che godeva di una garanzia al 100% dei depositi. Questo non è servito a molto visto che qualche giorno fa SVB è comunque entrata in chapter 11 (l’anticamera del fallimento).
Giustamente un senatore degli Stati Uniti, in un’audizione speciale con il segretario al tesoro Janet Yellen si chiesto:
"Will every community bank ... get the same treatment as SVB?"
La risposta è stata un inno al moral hazard abbastanza imbarazzante:
"Banks only get the treatment if the failure to protected uninsured depositors would create systemic risk."
Post mortem
SVB non è fallita per politiche di credito troppo aggressive. Non aveva crediti deteriorati. Non aveva titoli tossici, ma aveva investito nei titoli più sicuri del mondo come titoli di Stato statunitensi. SVB è fallita perché non è stata in grado di gestire adeguatamente uno squilibrio eccessivo tra passivo (depositi molto concentrati e insolitamente “veloci” per essere depositi come tutti gli altri) e attivo (titoli di stato con elevata duration visto il contesto di tassi bassi in cui sono stati effettuati quegli investimenti).
SVB è un caso isolato? Certamente non è una banca sistemica con ramificazioni importanti come una Lehman Brothers. Certamente non ci sono tante banche con una clientela così particolare e concentrata come SVB. Un caso isolato apparentemente.
Altrettanto certamente ci sono tante altre banche che hanno in portafoglio titoli di Stato che, per effetto di un rialzo dei tassi così repentino come quello del 2022, hanno tante minusvalenze latenti. Molte di queste banche stanno facendo fatica a trattenere depositi attratti da titoli di Stato con rendimenti molto più alti di quelli dei depositi, specialmente dopo che il caso SVB.
Per questo la FED ci ha messo una pezza aprendo una linea di credito speciale chiamata BTFP (Bank Term Funding Program) che permette alle banche di ottenere liquidità dalla FED al tasso overnight per un anno in cambio di collateral che verrà valutato alla pari. La parola chiave è “alla pari”. Se devi far fronte a un deflusso di depositi più rapido del previsto come nel caso di SVB, adesso anziché vendere i tuoi titoli che quotano sotto la pari beccandoti una minusvalenza, puoi dare quei titoli a garanzia alla FED che te li valuterà alla pari fornendoti la liquidità di cui hai bisogno. Quindi se ho un comprato un titolo di Stato decennale con cedola 2% che adesso quota a 85, posso darlo a garanzia alla FED che me lo valuta 100 e mi presta in cambio 100 dollari.
Per effetto della BTFP una banca che non riesce a far fronte ai rimborsi dei depositi non è più costretta vendere il suo portafoglio hold to maturity subendo delle perdite come successo a SVB, ma può semplicemente prendere in prestito dalla FED sostituendo di fatto una passività (i depositi) con un’altra (la BTFP). Ovviamente la BTFP ha un costo superiore rispetto ai depositi, per cui la redditività delle banche non ne uscirà del tutto indenne. Ma pazienza: meglio fare un po’ margine di interesse che fallire
Epidemia o pandemia?
Tutto ok ora? Non tanto. Il virus del credito è ormai uscito dal laboratorio e sta già facendo altre vittime. Contrariamente a quanto avvenne nel 2008 il contagio non si sta propagando attraverso gli asset (subprime) o le interconnessioni fra una banca e l’altra (Lehman). Il contagio si sta propagando attraverso un canale molto spesso trascurato: la fiducia dei correntisti, senza cui neanche la banca più solida può considerarsi solida abbastanza. SVB è entrata in crisi nel giro di pochissimi giorni in maniera del tutto inaspettata. Moody le aveva assegnato un rating di A1 fino al giorno prima della crisi e aveva dei ratios patrimoniali molto solidi. Nessun analista aveva posto nemmeno il minimo dubbio sulla bontà del business model di SVB. Se una banca del genere può essere chiusa nel giro di un giorno, perché non potrebbe accadere anche alla mia? A cosa valgono rating, patrimonio di vigilanza e tutto quel sistema di salvaguardie che è stato spazzato via in un giorno? Se ho 100 milioni di euro di liquidità sul conto corrente della banca con cui ho sempre lavorato, è possibile che dopo SVB mi venga in mente di ripartire quella liquidità su altre 3-4 banche giusto per stare tranquilli. Se tutti i correntisti, tutti insieme, si mettono a spostare soldi, le banche potrebbero avere qualche problema.
I correntisti delle banche americane più piccole hanno cominciato ad aprire conti correnti presso Jp Morgan e altre banche più solide per spostarvi la liquidità. E così dopo SVB è stato il turno di Signature Bank (fallita). E poi di First Republic Bank (quasi fallita). La FED ha orchestrato una sorta di salvataggio soft di First Republic convincendo diverse banche americane a depositare 30 miliardi di dollari presso First Republic Bank (la liquidità che era uscita da lì ci rientra in qualche modo). Il problema è che normalmente bisogna cercare di tenere la “cacca” lontano dal ventilatore, non spalmarla su tutto il sistema bancario. Mi ricorda in qualche modo quello che successe in Italia con le banche venete. Venne richiesto un sacrificio a tutto il sistema bancario italiano per salvare quelle banche (6 miliardi buttati tra Fondo Atlante 1 e Fondo Atlante 2) che comunque non riuscirono ad evitare il fallimento di quelle banche.
E infatti sapete qual è l’unica asset class che è salita in questo periodo? Il bitcoin (chi non si fida più del sistema bancario mette lì i soldi). È un po’ come quando nel 1907 molti immobiliaristi fiutarono l’opportunità di attrarre i risparmi di gente che non sapeva dove metterli per mancanza di fiducia nel sistema bancario:
Negli Stati Uniti in molti chiedono ora una garanzia statale su tutti i depositi di qualsiasi cifra per ripristinare la fiducia nel sistema creditizia. Praticamente quello che fece l’Irlanda nel 2008. Non finì bene con l’Irlanda trascinata quasi in default dal suo sistema bancario…
The government needs to make explicit what a lot of people are assuming: that for the foreseeable future, uninsured deposits don't exist. Everything is insured
E se alla fine tutti i depositi saranno garantiti dagli Stati e dalle banche centrali per il bene dell’umanità, possiamo ancora immaginare l’esistenza dei conti correnti bancari nei prossimi 10 anni? Dal conto corrente al CBDC (Central Bank Digital Currency) il passo potrebbe essere più breve di quanto immaginiamo.
Intanto mentre scrivo è appena stato annunciato alla fine di un tumultuoso weekend il salvataggio di Credit Suisse da parte di UBS, orchestrato e supportato dal governo della Confederazione Svizzera e dalla Banca Centrale Svizzera. La crisi di Credit Suisse ha le sue origini in tempi meno recenti e ragioni diversissime rispetto a SVB, ma la crisi è stata sicuramente precipitata da quell’effetto contagio di cui parlavo (gente che si sveglia la mattina, legge il Financial Times e si chiede quanto sia sicura la sua banca, spostando un po’ di liquidità prima ancora di rispondere alla domanda). Credit Suisse aveva una posizione di liquidità solidissima, era stata appena ricapitalizzata tre mesi fa, ma evidentemente l’investment banking nascondeva qualcos’altro se UBS è riuscita ad acquistarla ad un prezzo scontato del 60% risetto al prezzo di chiusura di venerdì (che era già sceso del 74% nell’ultimo anno).
Credit Suisse non è SVB. È una G-Sifi, una banca sistemica globale le cui azioni nell’ultima settimana hanno cominciato ad essere più volatili dei Dogecoin o dei Bitcoin. Una G-Sifi è una banca che, data la sua importanza per il sistema finanziario, dovrebbe avere i maggiori presidi di questo mondo. Eppure nel giro di una settimana Credit Suisse ha rischiato di scomparire portandosi dietro tutto il sistema bancario europeo. Cosa c’era dentro Credit Suisse per far muovere così velocemente le autorità svizzere? Tanta era la fretta che è stato emanato un decreto legge per bypassare il voto dell’assemblea degli azionisti di UBS sulla transazione: una roba mai vista, ai limiti dell’esproprio da parte dello Stato. Per supportare l’operazione la Banca Centrale Svizzera e il Governo hanno messo a disposizione 200 miliardi di franchi svizzeri (il 12% del PIL).
E’ piuttosto ironico che Credit Suisse, una delle poche sistemiche a non aver ricevuto nessuna forma di aiuto durante la crisi finanziaria globale del 2008, sia stata oggi salvata da UBS, una banca che oggi non esisterebbe senza i 68 miliardi di franchi svizzeri con cui la banca centrale svizzera la salvò nel 2008.
Intanto i credit default swap di UBS – cioè il premio da pagare per assicurarsi da un default – cominciano a salire.
L’epidemia statunitense comincia sempre più a somigliare a una pandemia.
Per questa settimana è tutto. Questo numero è stato scritto in fretta e furia nel weekend. Mi premeva farlo uscire con tempismo e purtroppo non sono riuscito a farlo passare sotto l’occhio attento di Daniela Bollini che normalmente rende questi testi formalmente impeccabili. Perdonate typo e sciatterie varie.
Alla prossima!
#48 🦠🏦 Il virus delle banche
Ciao Daniele
questa frase, in bold secondo me è la chiave di tutto "una sorta di corsa allo sportello organizzata da alcuni fondi di VCs culminata nella giornata del 9 marzo"- A pensare ai complotti va di moda, ma si passa sempre per pazzi? Ma qui sembra che ci sia stato un "attacco" deliberato da qualcuno? No?
Grazie mille