Una newsletter che segue i mangoddi e che tanto si è prodigata l’anno scorso nel descrivere eccessi e storture del mercato delle criptovalute non può prenderla alla larga e non parlare subito di quello che è successo a FTX.
Prima, però, una dedica speciale a Dana che oggi compie due anni. Se questa newsletter esiste, lo devo anche alle notti in bianco che mi ha fatto passare l’ultima arrivata in famiglia. Auguri Dana!
Cos’è FTX?
Cos’è FTX? FTX è uno dei più importanti mercati di scambio per criptovalute. Per comprare azioni di Enel, utilizzi l’infrastruttura di Borsa Italiana (Euronext). Per comprare un bitcoin, un ethereum (o la criptovaluta che più vi piace), si utilizzano Binance, FTX, Kraken o altri exchange simili. Le commissioni di trading sono la principale fonte di ricavo di queste società.
Negli ultimi mesi, forte del suo status di società privata (le cui azioni non sono soggette alle oscillazioni del mercato, a differenza di Coinbase) e di una valutazione di 32 miliardi di dollari ottenuta con un aumento di capitale in cui SoftBank, Temasek, Tiger e altri investitori istituzionali hanno investito 400 milioni di dollari nel gennaio scorso, FTX e il suo fondatore si sono affermati come la colonna portante del mercato cripto presentandosi come un operatore credibile che corre al soccorso di ogni ferito nell’ecosistema (BlockFi, Voyager Digital, Bithumb, etc.).
Nel 2021 FTX aveva ricavi per quasi un miliardo di dollari e un utile netto di oltre 300 milioni di dollari. Solo tra il 2021 e il 2022, FTX ha raccolto da diversi investitori 1,7 miliardi di dollari con una valutazione passata da 18 miliardi a metà 2021 a 32 miliardi nel gennaio 2022.
Lo psicodramma su Twitter
Martedì scorso si è consumato uno psicodramma su Twitter – sì su Twitter! – che ha portato FTX alla capitolazione nel giro di due giorni.
Qualche giorno prima era stato pubblicato un articolo da CoinDesk che rivelava la composizione del bilancio di Alameda, un hedge fund di criptovalute correlato a FTX (l’azionista di Alameda è il fondatore di FTX). Poi il fondatore e CEO di Binance – un exchange concorrente di FTX – se ne è uscito su Twitter dichiarando che avrebbe venduto tutti i token FTT emessi da FTX e detenuti da Binance in seguito a “fatti recenti”.
Cosa sono gli FTT? Sono cosiddetti stablecoin, cioè criptovalute convertibili 1:1 in dollari gestiti da FTX per i trade sulla propria piattaforma. Gli utenti sono incentivati ad utilizzare gli FTT con sconti sulle commissioni e altri bonus.
Binance aveva investito nel capitale di FTX nel 2019 (quando era poco più di una startup) e nel 2022, quando FTX aveva cominciato ad essere un serio concorrente di Binance, il fondatore di FTX Sam Bankman-Fried aveva deciso di riacquistare la partecipazione di Binance in FTX pagandola 2,1 miliardi di dollari, di cui una buona parte in token FTT.
In una mossa un po’ disperata la CEO di Alameda ha offerto a Binance la possibilità di vendere ad Alameda stessa gli FTT al prezzo di 22$, anziché metterli sul mercato, così da non creare problemi sul prezzo degli FTT ed eseguire il trade in maniera più veloce e sicura. Binance ha declinato l’offerta e ha cominciato a vendere sul mercato.
Non so cosa sia più strano: se (i) Alameda che si offre di fare da market maker per una vendita così grande, per di più a prezzi più alti rispetto a quelli di mercato (perdendoci), o (ii) Binance che rifiuta l’offerta vendendo a prezzi più bassi (e non riuscendo a vendere peraltro tutto).
Evidentemente Alameda aveva bisogno che il prezzo degli FTT non scendesse (perché ne aveva tanti in bilancio e li aveva usati come collateral per prendere in prestito asset come Bitcoin e ETH da FTX). Quanto a Binance, delle due l’una: 1) non si fidava dell’offerta di Alameda ritenendo che Alameda non sarebbe stata in grado di onorarne i termini; 2) voleva far crollare il prezzo di FTT per affondare Alameda e FTX.
Nel giro di poche ore il fondatore di FTX ha cominciato a twittare che: no, FTX non aveva alcun problema di liquidità, e che gli asset degli utenti di FTX erano al sicuro (se devi dichiarare che non hai problemi di liquidità, vuol dire che hai già grossi problemi di liquidità). Il tweet è stato cancellato, ma per fortuna ci sono gli screenshot:
Il giorno dopo arriva la capitolazione con FTX che si fa fare un’offerta non-vincolante per essere comprata dal suo principale concorrente (per due lire). Ecco come i due CEO annunciano l’operazione:
Quindi, per riassumere:
Nel giro di 24 ore, il terzo exchange mondiale di criptovalute, valutato 32 miliardi di dollari appena 10 mesi fa, lo stesso soggetto che fino a tre mesi fa elargiva linee di credito agli altri fondi di investimento in difficoltà, si ritrova ad affrontare una crisi di liquidità apparentemente irrisolvibile.
Binance dapprima sembra aver innescato la crisi facendo crollare il token di FTX (FTT) per poi presentarsi come cavaliere bianco, tutto subject to due diligence e con facoltà di tirarsi indietro. Proprio mentre sto scrivendo - tutto si muove velocemente – Binance ha dichiarato che non procederà con l’acquisizione (si vede che la situazione era davvero brutta, o forse Binance voleva semplicemente umiliare FTX non avendo mai avuto l’intenzione di acquistarla seriamente).
Cos’è successo?
Sulle ragioni dell’implosione di FTX lascio la parola ad analisti più esperti di me in materia. Alcuni ritengono che, per coprire una perdita del fondo Alameda (del fondatore di FTX), FTX abbia utilizzato asset dei suoi clienti attraverso un complesso schema che ha comportato l’utilizzo di FTT regalati ad Alameda da parte di FTX (FTX può creare FTT a piacimento come una banca) ed utilizzati da Alameda a sua volta come collateral per prendere in prestito da FTX asset buoni come bitcoin ed ethereum. Quando i clienti di FTX si sono presentati tutti insieme per chiedere i loro asset indietro a seguito delle voci che stavano circolando, FTX non li aveva e doveva chiederli ad Alameda, suo debitore (che probabilmente li aveva usati chissà per quale strategia di trading più o meno illiquida).
Certo è che se hai un temporaneo problema di liquidità, la soluzione migliore sarebbe chiedere un prestito per affrontare la temporanea difficoltà e liquidare gli asset per far fronte alle passività; oppure semplicemente provi ad entrare in una procedura di chapter 11 per arrestare temporaneamente i creditori. Se Sam Bankman-Fried si è inginocchiato così a Binance, lo stesso soggetto che probabilmente ha innescato la crisi di FTX come alludeva anche lui nel suo tweet (“a competitor is trying to go after us”), vuol dire che evidentemente il buco era così grande da non poter essere tappato con una linea di credito temporanea e probabilmente troppo imbarazzante per esser esposto.
Nel frattempo è probabile che Alameda stia liquidando tutto quello che può per far fronte al buco. Solana, uno dei principali asset nel bilancio di Alameda, è crollato del 50% in 2 giorni. Bitcoin è passato in pochi giorni da 20.000 dollari a 16.000 (a inizio anno un bitcoin valeva circa 60.000 dollari).
E ora?
E ora? Tanti investitori privati e investitori istituzionali hanno dei conti e asset presso FTX. Questi soggetti nei prossimi mesi non saranno in grado di riavere né i loro asset digitali, né tantomeno il corrispettivo in dollari. Si parla per il momento di un buco da 8 miliardi di dollari. Aspettiamoci quindi delle crisi a cascata.
La vicenda ricorda per certi versi il fallimento di Bear Sterns che nel 2008, nel giro di pochi giorni, si ritrovò in crisi di liquidità. Come FTX, Bear Sterns offriva servizi di brokeraggio proponendo sostanzialmente ai propri clienti la possibilità di fare operazioni a leva su strumenti finanziari (azioni, obbligazioni anziché criptovalute). Quando fai un’operazione a leva compri asset per un valore di 100, ma utilizzi solo una frazione di quei 100, diciamo 20. Gli altri 80 te li finanzia qualcun altro (a volte il broker stesso come Bear Sterns, a volte il mercato attraverso una cassa di compensazione e garanzia e il sistema dei margini). Se te li finanzia il broker, il broker probabilmente utilizza soldi o asset di altri clienti. Se l’operazione finanziata dal broker va particolarmente male e allo stesso tempo i suoi clienti gli richiedono gli asset indietro in massa, il broker si ritrova in un bel casino eufemisticamente chiamato “problema di liquidità”. È successo a Bear Sterns che aveva finanziato operazioni dei suoi clienti su mutui subprime; è successo a Credit Suisse che aveva finanziato le scommesse spericolate di Archegos su alcuni titoli. Probabilmente è successo a FTX che ha finanziato le operazioni della sua sorellastra Alameda.
Nel caso di Bear Sterns (e altri), JP Morgan si è presentata con l’aiuto della Fed per salvarla (con due spicci) così da non creare un’apocalisse sul mercato (apocalisse che poi si verificò quando invece si lasciò fallire Lehman). Nel mondo delle criptovalute, non c’è una banca centrale. C’è Binance, che è un po’ la JP Morgan delle criprovalute, che ha tutto l’interesse affinché il mercato rimanga stabile e non succedano apocalissi. Solo che non ci sono banche centrali che immettono liquidità, danno garanzie e sponsorizzano salvataggi, perciò Binance, di fronte alla portata dell’impresa, ha gettato la spugna sperando che il mercato delle criptovalute non imploda del tutto.
La lezione?
Il problema sono i cosiddetti exchange custodial, cioè mercati in cui si scambiano criptovalute che poi detengono gli asset digitali per conto dei clienti. Sono entità soggette a instabilità così come lo sono i soggetti della finanza tradizionale come i broker e le banche d’investimento. I talebani delle criptovalute sosteranno che questo caso dimostra sempre più come ci sia bisogno di una vera e propria finanza decentralizzata, la cosiddetta DeFi, dove il trading avviene attraverso protocolli decentralizzati sulla blockchain e non su un exchange gestito da un broker. Altri, invece, sosterranno che ci sia ancora più bisogno di un’autorità centrale come la Fed che funga da regolatore, autorità di vigilanza e forse anche da prestatore di ultima istanza.
A mio avviso non ci possono essere mezze misure. Se ammettiamo l’utilità di exchange che facciano da intermediari tra persone e mercato cripto, questi intermediari devono essere fortemente regolati come lo sono le banche.
Certo che se avessi delle criptovalute custodite presso un exchange come Coinbase o simili, come reazione pavloviana li metterei subito su un mio wallet privato o un cold storage… Vai a sapere quello che può succedere. Insomma, è probabile che si scatenerà una sorta di bank run generalizzata che porterà ad ulteriori cali del valore di bitcoin e simili. Infatti i più scafati porteranno i loro asset digitali su wallet privati, altri venderanno semplicemente gli asset in cambio di più confortanti dollari da mettere in banca (sperando che anche lì non succeda niente).
Un altro aspetto straordinario, secondo me, di questa vicenda è la velocità e la trasparenza con cui tutto è venuto fuori alla luce del sole davanti agli occhi increduli di gente che scrollava il proprio feed Twitter. Il CEO di Binance che metteva in dubbio su Twitter la solidità del suo concorrente. Il CEO di FTX che spiega quanto sia solida FTX. La CEO di Alameda che offre a Binance di ricomprare la sua posizione in FTT e infine l’annuncio, sempre su Twitter, dell’offerta non binding e – poche ore dopo – l’annuncio che non si sarebbe andati avanti con l’operazione.
E non stiamo parlando di un piccolo default in un mondo di nerd. Si tratta di una società che vale 20 volte MPS, che ha tenuto appesa il sistema bancario in Italia per mesi.
Insomma, perché pagare per una serie di Netflix, quando puoi assistere in diretta su Twitter a questa roba qui?
E Twitter?
Alcuni di voi me lo hanno chiesto. E Twitter?
Ricorderete che ne avevo scritto a maggio scorso. Allora, quando il deal era in forse scrivevo:
Alla fine vedo due possibili scenari: 1) Musk vende altre azioni Tesla per un controvalore di 25 miliardi, si svena, fa crollare il prezzo di Tesla e prende il controllo di Twitter; 2) Musk proverà a rinegoziare il prezzo della sua offerta e il prezzo di Twitter.
Indovinate un po’? Si sono verificati entrambi gli scenari.
Musk ha venduto altre azioni Tesla per un totale complessivo di 24 miliardi di dollari (l’ultima tranche l’ha venduta a ridosso del closing dell’operazione).
Musk ha provato per sei mesi a rinegoziare il deal con Twitter accampando scuse insostenibili data la lettera dell’accordo di fusione, tanto che si è beccato una bella causa da parte di Twitter da cui alla fine non si è difeso neanche troppo bene decidendo alla fine di chiudere la transazione al prezzo pattuito.
Grande fregatura per le banche che, se la transazione si fosse chiusa a maggio, forse avrebbero avuto qualche possibilità di vendere sul mercato i 13 miliardi di debito che hanno dato a Musk per finanziare l’operazione.
Passati sei mesi, le condizioni sono peggiorate considerevolmente. Per società con rating CCC (il rating che più o meno avrebbe Twitter dato il rapporto tra debito ed EBITDA di oltre 8x), il mercato richiede un tasso di interesse di circa il 14,75%, mentre le note sottoscritte dalle banche pagheranno al massimo l’11,25%.
Senza contare che Musk ha passato gli ultimi sei mesi a sparlare di Twitter spiegando quanto i numeri sugli utenti fossero gonfiati a causa di utenti finti (i cosiddetti bot). Perché dovrei comprare il debito di una società del genere?
Intanto è uscita la lista dei capitani coraggiosi che affiancheranno Musk nella sua impresa di “aggiustare” Twitter.
Musk dovrebbe avere grosso modo il 73% di Twitter, il resto sarà spartito fra il fondatore di Oracle (Ellison), Sequoia, Binance (sì, quelli della storia di sopra), il fondo sovrano del Qatar, il fondatore di Twitter Jack Dorsey, il fondo di Andreessen Horowitz e altri più piccoli.
Come ho scritto in precedenza sull’argomento, non è questa la sede per giudicare se questa compagine azionaria possa attentare all’indipendenza di Twitter o se, anzi, l’indipendenza di Twitter sia un valore da preservare in sé. Qui si seguono in mangoddi.
Da questo punto di vista c’è un aspetto che appare interessante. Musk ha caricato Twitter di un debito mostruoso imponendo alla società un vincolo che prima non aveva: essere redditizia. Prima Twitter vivacchiava con un po’ di cash flow, pagava un sacco di dipendenti e si vantava di essere paladina dell’informazione perdendo un po’ di soldi ogni anno.
Adesso con 13 miliardi di debito sul groppone e più di un miliardo l’anno di interessi da pagare, Twitter dovrà trovare alla svelta un modo di fare soldi. Musk si è attaccato prima ai costi facendo tabula rasa dei dipendenti, poi ai ricavi cercando in modo disordinato di monetizzare gli utenti che oggi non pagano nulla su Twitter.
Il metodo è stato abbastanza criticato ma non meno contagioso e altre società, giocoforza data anche il calo dei ricavi, hanno subito tagliato il numero dipendenti in maniera analoga. Se Musk riuscirà nell’intento, aspettiamoci un’emulazione da parte di altre società che saranno poste di fronte a una scelta: A) diventare redditizi B) subire il take over di qualche fondo o dell’Elon Musk del caso che le comprerà a debito per poi farle diventare redditizi.
Come dicevo nella newsletter scorsa, nelle pieghe di tante società internet apparentemente poco profittevoli c’è tanto grasso.
Cosa sto leggendo
Quest’estate ho letto The Alchemy of Finance di George Soros. È un libro che ogni appassionato di finanza e di trading dovrebbe leggere perché spiega come si possano applicare alla finanza teorie filosofiche e sociologiche. In particolar modo, Soros è un gran fan di Popper, del suo realismo critico e della sua “Società aperta e i suoi nemici”).
La teoria principale di Soros sui mercati finanziari è che la realtà non può essere suddivisa in vero e falso, bensì in tre categorie: vero, falso, riflessivo. I mercati finanziari presentano in particolar modo elementi di riflessività. Dal momento che non tutti i partecipanti hanno informazioni corrette e complete, ogni operatore cerca di fare ipotesi più o meno vere su quello che dovrebbe essere il valore di azioni, bond e valute. Il nostro pensiero collettivo muove i mercati facendo perdere e guadagnare gli operatori. Questo significa che quello che pensiamo, il mero atto di analisi dei mercati, impatta sulla realtà stessa. E la realtà, a sua volta, influenza il nostro modo di vedere i mercati.
Financial markets, far from accurately reflecting all the available knowledge, always provide a distorted view of reality. This is the principle of fallibility. The degree of distortion may vary from time to time. Sometimes it’s quite insignificant, at other times it is quite pronounced.
Every bubble has two components: an underlying trend that prevails in reality and a misconception relating to that trend. When a positive feedback develops between the trend and the misconception, a boom-bust process is set in motion. The process is liable to be tested by negative feedback along the way, and if it is strong enough to survive these tests, both the trend and the misconception will be reinforced.
Soros spiega insomma che i mercati sono in un costante stato di divergenza dalla realtà (i prezzi sono sempre sbagliati). A volte la divergenza è piccola. Altre volte è ampia a causa di fenomeni riflessivi e cosiddetti feedback look (il bitcoin sale, siccome il bitcoin sale la gente compra i bitcoin, siccome la gente compra i bitcoin, il bitcoin sale). Questi fenomeni conducono portano a bolle che poi finiscono per scoppiare. È in queste divergenze che i trader devono inserirsi perché è lì che sono i mangoddi.
Usually some error in the act of valuation is involved. The most common error is a failure to recognize that a so-called fundamental value is not really independent of the act of valuation. That was the case in the conglomerate boom, where per-share earnings growth could be manufactured by acquisitions, and also in the international lending boom where the lending activities of the banks helped improve the debt ratios that banks used to guide them in their lending activity.
Ciao Daniele, come al solito bellissima newsletter. Solo una precisazione:
> "Cosa sono gli FTT? Sono cosiddetti stablecoin, cioè criptovalute convertibili 1:1 in dollari gestiti da FTX per i trade sulla propria piattaforma."
Questo mi sa che è un refuso: gli FTT sono dei token di FTX che hanno un valore di mercato (non peggato sul dollaro) e non venivano usati per fare trading sull'exchange ma semplicemente come token che se detenuto dava diritto ad una serie di sconti sulle fee, etc etc.
Ti torna? ;)