#26 😭⛰️Monte di pietà
È venerdì e come tutti i venerdì, tranne quello scorso, siamo qui a seguire i mangoddi.
🏦 Come più ampiamente previsto e prevedibile, i negoziati tra UniCredit e il Ministero delle Finanze per la privatizzazione di MPS non hanno prodotto nessun deal nonostante la dote generosa che lo Stato era pronto a concedere a Unicredit. Il negoziato sembrava fin dall’inizio uno stratagemma del Tesoro per prendere tempo con l’Europa e rimandare decisioni insidiose a dopo le elezioni (suppletive e amministrative). Ne parleremo in maniera estesa in questo numero di Segui i Mangoddi.
🚗 Dall’ultima volta che ci siamo sentiti su queste pagine, la capitalizzazione di Tesla è salita di 300 miliardi di dollari (3 volte Volkswagen) raggiungendo l’incredibile valore di 1.200 miliardi di dollari (12 volte Volkswagen, nonostante Tesla abbia un decimo degli utili di Volkswagen). L’innesco per questo incredibile e veloce rialzo è stato l’annuncio che Hertz (appena uscita da una procedura fallimentare) avrebbe piazzato un ordine per 100.000 veicoli Tesla. Per mettere le cose in prospettiva, un ordine del genere produrrebbe per Tesla ricavi per 5 miliardi di dollari e un EBIT di 1 miliardo di dollari. Abbastanza da aggiungere 300 miliardi di dollari alla capitalizzazione di Tesla? Non lo so, ma intanto Musk se ne è uscito con un tweet in cui smentiva l’ordine da parte di Hertz. La valutazione di Tesla intanto resta a 1.200 miliardi di dollari e il titolo continua a salire. Si potrebbe liquidare il fenomeno come l’ennesimo movimento irrazionale alimentato da avidi e impavidi azionisti retail, ma una società da 1.200 miliardi non riesci a muoverla con dei trader che giocano a comprare opzioni call su Robinhood. A mio avviso l’ordine di Hertz è il dito, mentre la luna è rappresenta dai recenti incontri internazionali (G20, COP26) in cui i grandi paesi si sono accordati per dare un grande impulso a politiche per il contenimento delle emissioni di CO2. Una parte di queste azioni prevede ancora più incentivi per le auto elettriche. Senza entrare nel merito dei benefici delle auto elettriche sull’ambiente (se bruci carbone per produrre l’elettricità che serve a caricare le batterie di un’auto, tanto vale bruciare direttamente carburante diesel), un sistema di incentivi globale e massivo per la conversione del parco auto con motore a combustione in auto elettriche potrebbe produrre utili straordinari per Tesla (ma in generale per tutta l’industry dell’auto). Gli hedge fund si stanno posizionando per catturare questo mega trend della transizione energetica che è, prima che per l’ambiente, una grande opportunità di guadagno.
💡 A proposito di meme stock e di azionisti retail. Sei una società di autonoleggio quotata, stai per pubblicare i tuoi risultati dopo l’enorme successo che ha avuto il finto annuncio dell’ordine di 100.000 Tesla da parte di Hertz. Cosa ti puoi inventare? Semplice, annunci che “sarai molto più attiva nel settore delle autovetture elettriche” (senza dire null’altro). Risultato: le azioni di Avis salgono del 200% in un giorno aggiungendo 15 miliardi di dollari di capitalizzazione a una società che in 20 anni di storia non ha mai superato 4 miliardi di capitalizzazione.
🐕 Fenomeni del genere saranno sempre più all’ordine del giorno finché le banche centrali non ritireranno l’enorme massa di liquidità che, in gran parte, si riversa sul mercato dei derivati e delle criptovalute amplificando i movimenti speculativi legati a certi temi, anziché su investimenti che producono occupazione. È di questi giorni la notizia della criptovaluta Shiba Inu (l’imitazione di Dogecoin, che era già di suo una criptovaluta nata per gioco) che è passata da un valore complessivo di 2 miliardi di dollari a 30 miliardi di dollari in un giorno a seguito di acquisti massivi lanciati da Reddit. Per non parlare di chi ha lanciato la criptovaluta Squid sull’onda lunga del successo della serie Squid Game e poi è scappato con i soldi…
🏠 La liquidità non premia tutti, però, specialmente se investi in asset tradizionali come l’immobiliare. Questa settimana, Zillow, una società americana attiva nel settore immobiliare, ha subìto una perdita di 300 milioni di dollari in un mese a causa di errori nell’algoritmo che veniva utilizzato per acquistare case. Per questa settimana non ho tempo, ma nella prossima vi parlerò a fondo del modello di business degli iBuyers e di come Zillow si sia fatta rovinare da un algoritmo.
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Nel numero di questa settimana parliamo degli scenari futuri per il sistema bancario italiano dopo la rottura dei negoziati per la vendita di MPS.
Challenger everywhere
Prima di parlare di MPS, partiamo di una notizia apparentemente non correlata.
BBVA entra sul mercato retail italiano con una banca completamente digitale. Licenza bancaria piena in Spagna, zero filiali in Italia e possibilità di apertura di un conto in 5 minuti, come per le migliori challenger bank. BBVA offrirà inoltre ai suoi correntisti un cash back dell’1% sugli acquisti tramite carta e prodotti di consumer finance evoluti come possibilità di anticipo dello stipendio o pagamenti rateali su acquisti tramite carta (Buy-Now-Pay-Later) con costo “consumer friendly” (3 euro a rata, anziché l’indicazione di un TAEG ai più difficile da calcolare). BBVA è stato uno degli operatori bancari più attenti all’innovazione. Ha un fondo di venture capital (Propel) con cui ha investito oltre 400 milioni di dollari in diverse startup fintech in tempi non sospetti diventando early investor in società come Coinbase e DocuSign. Non a caso è la prima banca tradizionale europea per acquisizione di clienti attraverso canali digitali (1,5 milioni di nuovi clienti solo nel primo semestre del 2021, il 37% dei suoi clienti) e ha un cost income ratio del 44%, fra i più bassi in Europa (in Italia ISP che è considerato una delle migliori banche è ferma al 54%). BBVA si muove come una challenger bank, ma contrariamente alle challenger bank ha un bilancio da banca tradizionale (600 miliardi di euro) e dopo aver acquisito clienti velocemente potrà offrire loro mutui e prestiti senza problemi di funding. BBVA è anche una banca internazionale: solo il 30% dei suoi ricavi viene dalla Spagna; un altro 36% viene dal Messico; il 19% dal Sud America e il 15% dalla Turchia. C’è da chiedersi: come mai BBVA va in Messico e in Turchia anziché in Francia e in Italia? La risposta è in un parametro chiamato “Net Interest Income”, che è la differenza tra quello che la banca guadagna dagli impieghi verso la clientela e quello che paga sui depositi e altre forme di funding: in Spagna e nel resto d’Europa questo valore è bassissimo (1,7% in Spagna); in Messico lo stesso valore è al 9%. Ma le cose stanno cambiando: i tassi sono previsti in salita e le challenger bank hanno insegnato alle banche tradizionali che un cliente bancario vale non solo come potenziale debitore, ma anche come “subscriber”. Posso dannarmi l’anima per originare un mutuo da 200.000 euro verso un cliente che mi farà guadagnare ogni anno 1.000 euro di margine di interesse rosicchiati da costo di origination, costo di back office, costo del rischio, costi operativi di filiale, con il rischio che quel cliente faccia una surroga dopo due anni per andare da un’altra banca o che - peggio - non paghi più le rate, oppure posso godermi un canone fisso da quel cliente, le interchange fee dell’1% sulle transazione fatte con la mia carta di debito e sistemi di revenue sharing sugli innumerevoli servizi di operatori terzi che venderò attraverso l’app dell’home banking che potremmo qualificare come la vetrina più vicina ai soldi del potenziale cliente (cosa chiedere di più?).
Ecco quindi che BBVA (la terza banca spagnola, la prima banca messica e la seconda banca turca) arriva in Italia. Le famose fusioni transfrontaliere che avrebbero dovuto favorire la nascita di colossi finanziari europei possono attendere. Se BBVA vuole entrare in Italia, non c’è motivo per cui debba farlo con costose acquisizioni, filiali, dipendenti e rischi di integrazione. Può fare come fanno N26, Revolut & co…
Incumbent soccombente
Ecco, ora possiamo parlare di MPS. Che tra l’altro ha pubblicato ieri i risultati del Q3 2021.
Lo Stato era entrato nel capitale di MPS per la prima volta nel 2015 con la conversione di un miliardo di cosiddetti “Monti Bond”, bond subordinati che erano stati concessi all’epoca del Governo Monti per puntellare il capitale di MPS. A seguito della conversione di quel miliardo di euro, lo Stato ottenne il 4% di MPS (non un grande affare). Poi a fine 2016 c’era bisogno di altro capitale… 8 miliardi di euro. Non essendo riuscita MPS a reperire quelle risorse sul mercato, si è reso necessario il primo intervento dello Stato di ricapitalizzazione precauzionale con Burden Sharing. Lo Stato ci mette i soldi (3,9 miliardi), ma ce li mettono anche gli obbligazionisti convertendo in azioni 4,9 miliardi di bond. Alla fine lo Stato ci metterà altri 1,5 miliardi per ristorare obbligazionisti retail che si sono ritrovati azioni MPS poco appetibili, facendo salire il Tesoro fino al 64%. L’impegno con l’Europa era l’uscita dello Stato da MPS entro il 31/12/201.
Per agevolare l’uscita del Tesoro entro il 2021, c’è stato poi l’ulteriore aiutino dell’operazione Hydra con cui sono stati staccati da MPS 8 miliardi di NPL per assegnarli ad AMCO con una sorta di partita di giro tra entità statali e l’approvazione di una normativa che agevola le acquisizioni bancarie con la conversione automatica delle DTA in crediti fiscali immediatamente esigibili.
È in questo contesto che si avvia la trattativa con UniCredit. UniCredit è una banca europea che ha fatto i conti tra il 2016 e il 2020 con una immensa cura dimagrante che l’ha lasciata praticamente priva di società prodotto (addio Fineco, addio Asset Management, addio Mediobanca…) e con una quota di mercato su depositi e impieghi molto staccata rispetto a Intesa Sanpaolo che nel giro di pochi anni è cresciuta con le operazione Popolare di Vicenza, Veneto Banca e UBI.
Affrontiamo subito il tema che guiderà qualsiasi riflessione. MPS rappresenta un rischio sistemico? La magggior parte dei bond subordinati sono stati già convertiti (e in parte ristorati dallo Stato) in occasione dell’operazione di ricapitalizzazione del 2017. Ad oggi ci sono ancora in circolazione bond subordinati Tier 2 per un ammontare di 1,75 miliardi, tutti emessi dopo l’intervento dello Stato per puntellare i requisiti patrimoniali MREL a investitori istituzionali. Queste obbligazioni erano state emesse con cedole dell’8-10% e rating CCC. Oggi il loro prezzo è sceso in area 70-80, dal momento che la loro conversione è sempre più probabile. La capitalizzazione complessiva in borsa di MPS è di 1 miliardo di euro, di cui solo 350 milioni sono detenuti da investitori diversi dallo Stato.
Parliamo quindi di poco più di 2 miliardi di euro fra obbligazioni subordinate e azioni probabilmente acquistati da fondi hedge o investitori retail con un’altra propensione al rischio. Nel caso di salvataggio da parte dello Stato, sarebbero questi “investitori” a trarre maggiore vantaggio.
E i depositi? MPS ha circa 80 miliardi di euro di depositi a cui, per farla semplice, sono associati 81 miliardi di impieghi presso la clientela. Questa roba genera in un anno 2 miliardi di euro tra margine di interesse e commissioni. Anche ipotizzando che in quegli 81 miliardi di impieghi ci siano 8 miliardi di svalutazioni, quelle svalutazioni le recuperi facilmente con le commissioni e il margine di interesse di depositi e impieghi ceduti.
Una risoluzione di MPS (cioè una sorta di liquidazione), quindi, non comporterebbe nessun rischio finanziario né per gli azionisti, né per gli obbligazionisti, né per i clienti di MPS.
E quindi perché lo Stato era disposto a regalare 5 miliardi di euro a UniCredit fra crediti fiscali e aiuti vari per prendersi MPS? Anzitutto perché lo Stato si era impegnato con l’Europa a cedere MPS entro il 31/12/2021. Poi, e soprattutto, perché una liquidazione avrebbe compromesso i posti di lavoro di buona parte dei 20.000 dipendenti di MPS, dipendenti che comunque in qualsiasi scenario sono destinati a diminuire.
MPS ha un cost-income ratio del 75% (vs. 44% di BBVA, 54% di Intesa Sanpaolo, 56% di BPM e 55% di UniCredit). Come può stare in piedi una banca del genere? Il team di UniCredit che ha seguito la due diligence deve aver pensato la stessa cosa e ha fatto richieste talmente esose allo Stato per farsi carico dei piani di esuberi che lo Stato ha deciso di non procedere.
E ora? Si pongono due temi.
1) Lo Stato si era preso l’impegno di uscire dal capitale di MPS entro il 2021. Chiederà una proroga alla Commissione europea che, molto probabilmente, mostrerà la solita paziente tolleranza.
2) MPS avrà bisogno di essere ricapitalizzata nel 2022. Inizialmente era prevista una ricapitalizzazione nel 2021, ma ora che i negoziati con UniCredit sono falliti - guarda caso - il fabbisogno di capitale si stima si presenterà a fine 2022. E chi lo sottoscrive un aumento di capitale da 2-3 miliardi in una banca del genere? Lo Stato si troverà nell’imbarazzante situazione di dover mettere altri soldi in MPS quando già era fuori tempo massimo nei suoi piani di cessione. Lo Stato ritiene di poter evitare un secondo burden sharing facendo un’operazione di mercato, ma come si fa a definire operazione di mercato un aumento di capitale sottoscritto dallo Stato per il 65% e per il resto probabilmente da nessuno, se non dallo Stato stesso? Inoltre un aumento di capitale da 2,5-3,0 miliardi rischia di essere poco credibile se consideriamo che UniCredit ha chiesto tra 7 e 9 miliardi di dote per prendersi un perimetro selezionato di asset buoni. Il mercato ormai considera il lavoro di due diligence di UniCredit come una sorta di asset quality review.
Altri compratori all’orizzonte saranno molto difficili da trovare. Intesa è ormai troppo grande in Italia. Il cosiddetto terzo polo (BPER/BPM) non vorrà di certo prendere ciò che UniCredit ha rifiutato, a meno che lo Stato non ne faccia uno spezzatino.
Il piano stand alone comporta il mantenimento di una banca scarsamente profittevole che dovrà ricevere 5-6 miliardi nei prossimi anni per guadagnarne 0,5 l’anno e ritrovarsi a competere in un mercato iper-competitivo in cui BBVA, N26 e Revolut possono soffiarti clienti operando a una frazione dei tuoi costi.
Forse i 5 miliardi dati ad UniCredit potevano essere per lo Stato un prezzo ragionevole da pagare per fare bella figura con la Commissione europea mantenendo gli impegni presi e per mettere la parola fine al capitolo MPS.
Spendere altri 5 miliardi di euro per mantenere un complesso aziendale che non sta sul mercato, invece, non avrebbe alcun senso e non sarebbe giustificato da nessun pericolo di destabilizzazione o rischio sistemico. La soluzione più razionale mi sembra essere lo spezzatino. Widiba, con 300 mila clienti, potrebbe valere da sola 300 milioni di euro (usando i multipli a cui è valutata N26). I clienti di MPS potrebbero essere ricollocati con i relativi impieghi tra diverse banche del sistema italiano (con UniCredit che potrebbe fare a questo punto la parte del leone) e costo zero (passività dei depositi uguali ad attività degli impieghi). Il resto (portafoglio trading) verrebbe messo in liquidazione e addio MPS.
Ci sono i dipendenti, lo so. Penso che lo Stato potrebbe farsene carico ricollocandoli in altre società statali. Il loro costo sarebbe di 1,5 miliardi l’anno, senza contare - ripeto - che in un modo o nell’altro buona parte di quei dipendenti sarebbero stati comunque accompagnati fuori da MPS in qualsiasi scenario (stand-alone o aggregazione con UniCredit).
Speriamo che non si continuino a sprecare risorse e, soprattutto, capitale umano attualmente legato a una società con poco futuro.
Costa sto vedendo
La responsabile delle risorse umane della società in cui lavoro mi ha detto ieri una grande verità: chi lascia un posto di lavoro lo fa quasi sempre a causa di un pessimo capo. Il tema della leadership è complesso ed è stato trattato in tutte le sue diverse sfaccettature, ma probabilmente il miglior contributo da cui prendere ispirazione è Ted Lasso, una serie americana disponibile in streaming su Apple Tv+ che ha fatto man bassa all’ultima edizione degli Emmy.
Ted è un coach di football americano che per una serie di circostanze bizzarre finisce a fare il coach in una squadra di calcio della Premier League. Lo fa con l’umiltà dell’outsider che dovrebbe essere propria di qualsiasi CEO o dirigente catapultato in una nuova società, per non parlare di un nuovo settore. Ted non è ansioso di esercitare l’autorità o di mostrare risultati nel breve periodo. La sua missione non è vincere, ma tirare fuori il meglio dai propri ragazzi (cosa che poi si rivela guarda caso funzionale per vincere). Ascolta tutti e non ha paura di fare emergere le buone idee anche dai più bassi gradini della gerarchia dando credito all’autore anziché appropriarsene. Mostra buon umore e sicurezza anche nelle situazione più disperate e, soprattutto, non prende mai nulla sul personale.
A parte il mini corso di MBA, Ted Lasso è una serie divertente in cui humor inglese e spontaneità yankee si scontrano con i migliori effetti comici. Il personaggio di Ted Lasso sembra perfetto e superficiale, ma nel corso della serie emerge anche in lui una fragilità che lo rende più umano e meno stucchevole nel suo inguaribile ottimismo. La sceneggiatura è un piccolo capolavoro di scrittura creativa in cui si alternano con armonia registro comico e drammatico. Una delle scene più belle è senz’altro quella dell’episodio 8 (Diamonds Dogs) in cui Ted fa un piccolo trattato su arroganza e curiosità. Rupert, il precedente proprietario del club allenato da Ted (ed ex marito di Rebecca, nuova proprietaria a seguito del divorzio), sfida Ted in una gara di freccette in un pub. È arrogante, spavaldo e offende Ted per i pessimi risultati ottenuti finora dalla sua squadra. Ted è sotto di diversi punti, ma prima di tirare i tre colpi che lo porteranno alla vittoria fa una pausa drammatica perfetta e il tempo nel pub si ferma:
Ted: Mae, what do I need to win?
Mae: Two triple-twenties and a bulls-eye.
Rupert: (laughs) Good Luck.
Ted: You know, Rupert, guys have underestimated me my entire life. And for years, I never understood why. It used to really bother me. But then one day, I was driving my little boy to school and I saw this quote by Walt Whitman and it was painted on the wall there. It said, "Be curious, not judgmental." I like that.
(Throws a triple 20)
Ted: So I get back in my car and I'm driving to work, and all of a sudden it hits me. All them fellas that used to belittle me, not a single one of them were curious. They thought they had everything all figured out. So they judged everything, and they judged everyone. And I realized that their underestimating me... who I was had nothing to do with it. 'Cause if they were curious, they would've asked questions. You know? Questions like, "Have you played a lot of darts, Ted?"
(Throws another triple 20)
Ted: To which I would've answered, "Yes, sir. Every Sunday afternoon at a sports bar with my father, from age ten till I was 16, when he passed away." Barbecue sauce.
(Throws a bulls-eye)
Ted: Good game, Rupert.
Anche per questa settimana è tutto. Non ho tempo rileggere, ma grazie a Daniela Bollini questo non è più un problema.
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