#23 đđđŚLa finanza e la spesa
Buon weekend e ben tornati su Segui i Mangoddi.
La settimana si è aperta con il probabile default di Evergrande (il costruttore immobiliare cinese, non la nave porta container che aveva bloccato il Canale di Suez). Eâ da lunedĂŹ che mi preparo a parlare del prossimo disastro finanziario cinese. Nel frattempo ne hanno scritto un poâ tutti, anche Donna Moderna e Menâs Health, definendola la Lehman Borthers cinese. Evergrande, però, in questo fine settimana è ancora solvente e lotta con noi, per cui la crisi può aspettare e non avrebbe nessun senso scriverci la newsletter di questa settimana. Sullâargomento vi consiglio di prendervi unâoretta per ascoltare la puntata del podcast di Odd Lots in cui Travis Lundy (un analista indipendente basato ad HK) racconta lo sviluppo di questa crisi da una prospettiva meno banale della schadenfreude di stampo occidentale.
Unicredit, che è in due diligence da fine luglio, ancora deve capire quanti siano i veri crediti non-performing nel bilancio di MPS e lâentitĂ della dote che il MEF dovrĂ fornire per evitare lâimbarazzo di una banca zitella. La dataroom si è intanto popolata di soggetti strani come MCC e si (ri)comincia a parlare anche di una ricapitalizzazione dello stato come piano B âstand aloneâ. Insomma, niente di nuovo e, come dico da mesi su Segui i Mangoddi, quella di Unicredit mi sembra una sceneggiata per permettere al governo di prendere tempo sulla ricapitalizzazione facendo passare le elezione suppletive a Siena. Certo che se non andrĂ in porto la vendita a Unicredit mediante spezzatino, câè da chiedersi che senso abbia per lo stato (e per il contribuente, cioè noi) mettere altri 3 miliardi di euro in una banca fuori mercato. Una risoluzione ordinata avrebbe forse molto piĂš senso. Sarebbe una mossa davvero coraggiosa da parte del Governo Draghi, unâeutanasia finanziaria che gli varrebbe il titolo dellâuomo che pose fine alla voragine del Monte.
Vedremo insomma nei prossimi giorni chi arriverĂ prima al capolinea fra MPS ed Evergrande (tenendo a mente che le societĂ falliscono sempre nel weekend, queste righe potrebbero diventare obsolete prima che abbiate la possibilitĂ di leggerle).
Questo è Segui i Mangoddi, una newsletter bassa sullâalta finanza. Se non la stai leggendo dalla tua inbox, puoi considerare la possibilitĂ di diventare un subscriber (è gratis, eh!) per riceverla direttamente con la consueta irregolaritĂ .
Questa settimana parlo di quello che sto leggendo (non si può parlare sempre di soldi), di finanza decentralizzata (ancora!) e del fenomeno dark stores.
Cosa sto leggendo
Non basta avere i soldi per fare unâimpresa. Bisogna avere le idee e il coraggio per portarla avanti.
ÂŤCâè chi è ricco e chi vuole sentirsi riccoÂť,
La prima citazione è tratta da I Leoni di Sicilia, la seconda da Lâinverno dei Leoni. Sono i due romanzi storici scritti da Stefania Auci in cui si narrano lâascesa e il tramonto di Casa Florio in un arco temporale che parte dal terremoto di Bagnara Calabra del 1783 fino ai primi anni della Repubblica Italiana.
In questi due romanzi câè un poâ tutto: una famiglia infelice, la passione, la rivalsa, la tragedia, la storia che irrompe nelle vite dei personaggi e, ovviamente, i soldi, tanti soldi. PiĂš che un romanzo storico è involontariamente un colorito manuale di imprenditorialitĂ e di storia economica italiana.
Comincia tutto da Paolo Florio, che dopo il terremoto di Bagnara Calabra, si trasferisce a Palermo per necessitĂ . Come spesso accade, chi non ha nulla da perdere, ha tutto da guadagnare e quella che veniva in maniera dispregiativa definita una famiglia di bottegai calabresi, mette su un commercio di successo grazie a una fitta rete di amicizie tra compaesani di Bagnara Calabra e ad alcune scelte coraggiose volte a forzare la mano sulla gestione dei depositi della dogana e dei traffici di chinino.
Eâ una storia di fatiche e coraggio che, in una svolta Ă la Game of Thrones, prende una piega improvvisa con la morte prematura del protagonista Paolo. Il figlio Vincenzo, sotto la guida dello zio Ignazio, viene spedito in Inghilterra assieme allâamico Benjamin Ingham, un commesso ebreo che si era trasferito a Palermo per conto di una ditta di inglese di tessuti e che nel frattempo era diventato uno dei commercianti piĂš in vista della cittĂ .
Vincenzo - formatosi in Inghilterra - dĂ un cambio di passo alle sorti della Casa Florio con lâimportazione in Sicilia di alcuni macchinari industriali ma, soprattutto, di un certo modo di fare affari: il merchant banking. Vincenzo e Benjamin Ingham reinvestono i soldi dei commerci in miniere di zolfo, societĂ vinicole e tonnare. Vincenzo manterrĂ sempre la bottega di spezie di Via dei Materasssi fondata dal padre, ma ormai la sua attivitĂ a tempo pieno è lâM&A senza un particolare focus settoriale e delegando la gestione a una serie di manager di fiducia. Paolo Florio era ossessionato dal lavoro come strumento per affrancarsi socialmente. Vincenzo era invece ossessionato dal capitale per affrancarsi dal lavoro ed affermarsi socialmente rispetto a unâaristocrazia isolana sprezzante quanto squattrinata.
I Leoni di Sicilia si chiude con la morte di Vincenzo, che lascia al figlio Ignazio un piccolo impero industriale. NellâInverno dei Leoni, Ignazio prende le redini di questo impero gestendolo in maniera piĂš âindustrialeâ. Si inventa un nuovo modo di conservare il tonno delle tonnare di Favignana, amplia il business delle navigazione fondendosi con unâaltra compagnia del nord, rileva una fonderia e i cantieri navali, il tutto con lâintento di creare unâintegrazione verticale - a volte un poâ goffa - tra le aziende della holding di partecipazioni di Casa Florio. Altro dettaglio di non poco conto: Ignazio sposa Giovanna d'Ondes Trigona entrando a pieno titolo nell'aristocrazia. Non avrĂ piĂš bisogno di dire frasi come: âIo sono un industriale. il mio titolo è il capitaleâ.
Poi però, anche Ignazio muore prematuramente e lascia tutto ad Ignazio Jr in uno dei passaggi generazionali piĂš catastrofici della storia. La prima generazione aveva creato tanta ricchezza dal nulla; la seconda generazione aveva perseguito e ottenuto senza alcuna contraddizione annoblissment e ricchezza. La terzaâŚ
"Ora sei tu il capofamiglia". Ignazio non ha tempo per ribellarsi (...) Ignazio resta lĂŹ, accanto alla madre che piange tutte le sue lacrime. Si sente addosso gli occhi della gente, ne coglie i sussurri, le frasi smozzicate. Tutti guardano lui, ora. E lui non sa cosa fare.
Câè chi è ricco e chi vuole sentirsi ricco. Ignazio Jr. è ricco, ma vuole sentirsi ricco. Ha i soldi, ma non ha idee per fare impresa. Investe nel Credito Mobiliare come gli imprenditori veneti hanno investito in Popolare di Vicenza, lasciandosi trascinare in un costoso crack bancario (incredibile come i rapporti incestuosi fra impresa e banche fossero giĂ in voga a quei tempi). Traffica con Roma per ottenere sovvenzioni. Fonda un giornale per fare pressioni sulla politica facendo con i suoi dipendenti iscritti al sindacato per far sentire le sue istanze al governo.
Paolo doveva affrancarsi dalle origini calabresi (con il lavoro). Vincenzo dal lavoro (con i soldi). Ignazio Senior dai soldi (con la nobiltĂ ). Ignazio Jr, nato da una famiglia ricca e nobile, doveva affrancarsi da Casa Florio. Ci riesce benissimo tradendo la moglie, bellissima Donna Franca (âUnicaâ lâha definita DâAnnunzio), con qualsiasi donna e delegando sempre ad altri la gestione e lâassunzione di ogni responsabilitĂ , portando la famiglia nelle grinfie della Comit e dellâIRI.
La saga dei Florio è giĂ di suo interessante perchĂŠ consente di analizzare i rapporti tra borghesia-aristocrazia, famiglia-impresa, mercato-congiunture. Ripercorrerla con gli occhi e la fantasia di Stefania Auci rende la storia coinvolgente senza nulla togliere allâaccuratezza con cui vengono descritte nei minimi particolari vicende storiche realmente accadute. Stefania Auci riempie di vita e sentimento le pieghe di un lavoro storiografico certosino. Sai giĂ il destino che è riservato ai personaggi, ma leggi pagina dopo pagina, per soddisfare la curiositĂ pruriginosa di sapere come i personaggi affronteranno emotivamente lâebrezza dellâascesa sociale e la tragica decadenza. Le descrizioni di una Palermo in piena belle ĂŠpoque e di Favignana schiaffeggiata dal mare sono piacevoli, ma è nei dialoghi di personaggi drammatici e cinematografici che sta tutta la bellezza di questi due romanzi. Non è un caso che la Rai abbia giĂ comprato i diritti per farci una fiction. Voi, però, non aspettate e leggete il libro!
DeFI
LâEconomist della scorsa settimana ha dedicato la copertina e un articolo speciale al mondo della DeFi, la finanza decentralizzata, ovvero lâinsieme dei protocolli che riproducono varie funzioni degli intermediari finanziari senza il bisogno di un intermediario finanziario: prendere in prestito denaro; investire denaro; cambiare valute; fare trading di asset. Tutte queste funzioni della finanza sono sempre state prerogativa di intermediari finanziari, ma la finanza decentralizzata consentirebbe oggi di fare a meno di questi intermediari sfruttando programmi che girano su una rete decentralizzata come Ethereum (o altre). Per ora tutte queste funzioni sono di difficile applicazione pratica, perchĂŠ puoi prendere i prestito dei Bitcoin o degli USDT solo per fini speculativi, ma difficilmente potrai farlo per pagare i lavori di ristrutturazione della casa o lâacquisto di una macchina.
LâEconomist fa unâanalogia interessante a cui avevo giĂ pensato: il mondo crypto sta vivendo un momento simile a quello di internet negli anni â90. Un far west di roba molta futuristica, al limite dellâutopia, che funziona presso una cerchia limitata di invasati, ma che, pur avendo le potenzialitĂ di trovare applicazione su larga scala, scivola inizialmente sullo scetticismo del pubblico generale e le resistenze di ordini costituiti.
Ho pensato di ripescare dalla memoria le mie prime incursioni su internet negli anni â90 per approfondire oltre questa analogia e capire in che fase si trovano le diverse tecnologie del mondo crypto.
Cominciamo dal Bitcoin. Il Bitcoin è il Netscape del mondo crypto. Il first mover, lâapplicazione di successo che tutti usano. Lo standard per navigare. Con il Bitcoin condivide il vantaggio di aver diffuso per primo su larga scala un nuovo modo di sfruttare la rete (la navigazione grafica nel caso di Netscape, la tecnologia Blockchain nel caso di Bitcoin). Come il Bitcoin, Netscape ha avuto per lungo tempo praterie libere grazie al disinteresse di software house piĂš grandi e ha goduto del favore incondizionato di molti utenti nonostante i limiti del programma e unâinterfaccia utente accattivante quanto un software per la contabilitĂ dâimpresa. CosĂŹ il Bitcoin viene utilizzato oggi da una grande massa di utenti come store of value, nonostante i suoi evidenti limiti tecnici.
Alla fine Netscape cadde in disgrazia quando lâincumbent per eccellenza - Microsoft - decise che fosse il caso di dotare il suo sistema operativo di un browser (Explorer). Poi arrivarono i vari Firefox, Chrome e chi se lo ricorda piĂš Netscape.
Ecco, penso che del Bitcoin, cosĂŹ comâè, non rimarrĂ molto dato lâelevato grado di innovazione a cui assistiamo nel settore crypto e alle mosse degli incumbent.
Le CBDC (Central Bank Digital Currency) saranno lâExplorer del caso: unâapplicazione mediocre che però si diffonderĂ su larga scala grazie al vantaggio competitivo di chi gestisce il sistema operativo uccidendo il first mover. Poi arriverĂ anche il âChromeâ di turno che sbaraglierĂ Explorer.
Ethereum, con la possibilitĂ di scrivere programmi che girano in maniera decentralizzata sulla blockchain, ha dato il via a una serie di smart contract che hanno reso possibile quella che viene oggi definita DeFi. Il Bitcoin giĂ poneva qualche problema ai regolatori per lâimpossibilitĂ di regolare e sorvegliare grossi flussi di denaro, ma tutto sommato le authority hanno chiuso un occhio perchĂŠ il passaggio da Bitcoin a dollari spendibili è piĂš o meno sorvegliabile a livello di exchange (il Coinbase di turno). Con il protocollo DeFi invece, la complessitĂ delle transazioni che sfuggono ai controlli raggiunge un livello superiore e, soprattutto, una volta che unâapplicazione decentralizzata gira sulla blockchain di Ethereum, è impossibile fermarla, anche per chi lâha sviluppata. Eâ qualcosa di impossibile da regolare.
Questo mi ricorda i vari protocolli peer-to-peer (Napster, eDonkey, eMule) che hanno permesso per molto tempo agli utenti di scambiarsi film e mp3 in barba a qualsiasi legge.
Lâindustria discografica non ha gradito, ma alla fine quel modo di scambiarsi i file ha cambiato definitivamente le modalitĂ di fruizione della musica e di altri media. Le case discografiche se ne sono fatte una ragione e - alla fine - sono state salvate da programmi piĂš maturi e legali di Napster come Spotify, che però non si sarebbero mai affermati e non sarebbero mai esistiti senza il far west delle piattaforme P2P.
Quindi non credo che le attuali piattaforme di DeFi che girano su Ethereum abbiano un grande futuro, cosĂŹ come sono, ma sono sperimentazioni fondamentali in vista di un futuro prossimo in cui potremo comprare unâazione di Apple o un titolo di stato con un protocollo decentralizzato che sia però sorvegliabile da un authority.
Sembra una contraddizione, ma 20 anni fa nessuno nellâindustria discografica avrebbe immaginato che sarebbe stato salvato da un servizio di musica P2P (sĂŹ, allâinizio Spotify girava su un protocollo P2P).
Câè una sostanziale differenza tra quanto sta accadendo oggi e il periodo della bolla dot.com: è tutto molto piĂš veloce e pompatoz ancora di piĂš di allora. Negli anni 2000 un programmatore con unâidea geniale (il Napster della situazione, Spotify o Facebook) si metteva a lavorare pancia a terra per ottenere fondi da un venture capital e imbarcarsi in un viaggio di 2-3 anni per quotare la societĂ e valorizzare le sue azioni a prezzi altissimi in breve tempo. GiĂ allora si pensava che fosse incredibilmente esagerato e inflazionato un processo del genere.
Gli sviluppatori delle moderne infrastrutture basate su crypto, invece, non hanno bisogno nÊ di fondi di VC (che comunque sono ben contenti di investire nei progetti crypto attraverso la sottoscrizione di ICO), nÊ di IPO. Il loro lavoro è immediatamente liquido sotto forma di token su cui utenti tanto avidi quanto ignoranti in materia speculano sulla base di un articolo su Reddit o su CoinGekko.
Come nel 2000, le idee sono tante, i fallimenti saranno tanti, ma ne uscirĂ fuori sicuramente la Amazon di turno.
Il lato oscuro della spesa
A proposito di velocitĂ âŚ
Domenica scorsa mancavano uova e latte. Ero solo in casa con tre bambini che volevano a tutti i costi un uovo à la coque. Impossibile uscire con tre persone corte in vena di capricci, cosÏ decido di provare il servizio di Gorillas che era da poco arrivato a Roma. In 9 minuti mi è stata consegnata la spesa per un costo ridicolo. Come fanno?! Grazie ai cosiddetti dark stores: dei piccoli depositi di prodotti ad alta rotazione localizzati nei vari quartieri delle città e focalizzati solo sulla consegna a domicilio (che avviene con bike elettriche).
Tutto molto figo, ma dove vanno in mangoddi e da dove vengono? Indubbiamente stanno andando in questo settore degli alimentari (Groceries per le persone educate) che è molto ricco ed è stato solo sfiorato dalla rivoluzione mobile/digitale.
Abbiamo i QR Code, i pagamenti contactless, i comparatori di prezzo, la geolocalizzazione, il car sharing, i monopattini, ma fare la spesa è ancora unâesperienza molto simile a quella a cui era abituata mia madre: prendere la macchina, trovare parcheggio, vagare lungo corridoi stracolmi di roba che non mi serve, riempire un carrello, fare la fila alla cassa, caricare la macchina, etc, etc. Si ci sono lâecommerce e la spesa a domicilio, ma sembra lâesatta trasposizione nel digitale di unâesperienza datata: complessitĂ nel cercare il prodotto; fasce orarie scomode; costi di consegna elevati; attenzione verso il cliente inesistente (per il personale del supermercato le consegne a domicilio e lâecommerce sono una gran rottura).
Fino ad oggi câè stata una sorta di tregua armata tra brick and mortar della GDO e startup (che hanno fatto sempre comunella con modelli ibridi), ma questâanno sembra che la tregua sia finita e le startup si stanno armando pesantemente.
Gorillas ha raccolto 245 milioni di euro in un round Series B, a una valutazione superiore a un miliardi di euro. Questo dopo a soli nove mesi dalla sua nascita! Decisamente lâunicorno piĂš veloce e precoce dâEuropa! Il bello è che pare siano giĂ i fase di fund raising per raccogliere un miliardo di euro a una valutazione di sei miliardi. Sei miliardi!
Getir ha raccolto un miliardo di dollari nel 2021 con il suo round Series D raggiungendo una valutazione di 7,5 miliardi dollari (questo dopo solo sei mesi di espansione fuori dalla Turchia).
Flink, lanciata 6 mesi fa, ha giĂ raccolto 240 milioni di dollariÂ
Glovo ha raccolto 450 milioni di euro (il suo round piĂš grande) per aprire 200 dark stores entro il 2021 come complemento al suo servizio di consegna.
Everli, la vecchia Supermercato24, attiva in Italia, Polonia, Francia e Repubblica Ceca, ha raccolto 100 milioni di euro in un round Series C. Non è proprio un dark stores, ma ci arriviamo
Sul perchĂŠ il supermercato sia diventato lâistituzione che è oggi e IL modo di fare la spesa sono state scritte pagine e pagine. Il concetto chiave è che lâurbanizzazione e gli stili di vita moderni hanno aumentato di molto il costo opportunitĂ di fare la spesa e andare in cinque negozi diversi per comprare cinque categorie diverse non è un'opzione. Dâaltro canto per un supermercato lâeconomia di scala è tutto: piĂš articoli metti in un supermercato, piĂš gente riesci ad attrarre; piĂš gente riesci ad attrarre, piĂš fatturato fai. Ed è cosĂŹ che i supermercati sono cresciuti aggiungendo sempre piĂš categorie merceologiche fino ad arrivare ai carburanti e alle parafarmacie. La value proposition del supermercato è la varietĂ (trovare tutto in un posto) e in secondo luogo il prezzo. A un certo punto, però, le economie di scala finiscono. La customer experience diventa qualcosa di tremendamente noioso che culmina nella spiacevole esperienza del checkout (bustina?) e i margini si assottigliano costringendo i supermercati a mezzucci come prodotti civetta, prodotti acchiappa-bambini al check-out (mamma, mi compri lâovetto kinder? mamma i pennarelli!), etc.
Fast forward nel mondo post Covid.
Eâ tutto on demand. I film, le macchine, la pizza, il cavetto del telefono che faccio arrivare con Amazon. PerchĂŠ non deve esserlo anche la spesa? E cosĂŹ nascono i Dark Stores. La loro value proposition non è la varietĂ , ma disponibilitĂ /velocitĂ /comoditĂ : cosĂŹ non hanno bisogno di approvvigionarsi di prodotti a bassa rotazione come il sale per la lavastoviglie o la salsa barbeque. Il layout di un dark stores non è disegnato per lâesperienza visiva (basta corridoi), ma in base alla logistica (le uova le metto vicino al latte perchĂŠ la gente solitamente ordina insieme questa roba). La profittabilità è alta fintanto che il focus resta su prodotti ad alta rotazione con margini elevati (no, non trovate il sale o lo zucchero su Gorillas) e soprattutto se lâordine medio resta basso, che è proprio il tipico comportamento che questo tipo di modello vuole stimolare: ordini piccoli non pianificati vs. approvvigionamenti pianificati per due settimane al supermercato.
Contrariamente a mercati come quello del food delivery o del ride hailing (Uber, non so come tradurlo in italiano) il mercato dei supermercati e degli alimentari è cosĂŹ grande che câè spazio per tanti. Non è un winner-takes-it-all e non câè bisogno di differenziazione fintanto che ti focalizzi sulla logistica.
Eâ la fine del supermercato? Forse no, ma tutti quei tentativi della GDO di imporsi nel tessuto urbano con punti di prossimitĂ dalle superfici medio-piccoli, i cosiddetti âSuperetteâ (Margherita-Conad, Carrefour Express, La Esse, Punto Simply, Pam Local, etc.), sono in serio rischio di fallimento. Per non parlare di tutto il business della âSpesa onlineâ.
Se fossi un supermercato proverei forse a comprarmi preventivamente uno di questi operatori rivoluzionando radicalmente i miei punti di prossimitĂ ma⌠Getir e Gorillas valgono insieme piĂš di Carrefour. Non sarebbe proprio unâacquisizione agevole.
Ah, dimenticavo⌠Poi ci sono i cosiddetti aggregatori come Everli o Instacart. Sono degli intermediari che aggregano tutti i supermercati e tutti i prodotti in un unica piattaforma. Scegli il supermercato, scegli i prodotti e ti arrivano a casa (consegnati spesso dal supermercato stesso). PerchĂŠ sbattersi con magazzini e riders quando puoi guadagnare una fee intermediando la domanda attraverso una piattaforma digitale? Quello che conta per gli aggregatori è lâattenzione del consumatore. L'obiettivo è scalare supervelocemente diventando la piattaforma di riferimento per il consumatore. Una volta diventati monopolisti dellâattenzione puoi imporre una bella fee ai supermercati e mangiarti parte dei loro margini. Ma il bello è che quando hai catturato lâattenzione del consumatore, non controlli solo il suo portafoglio, ma anche il budget in pubblicitĂ dei prodotti che compra. Nel vecchio mondo della GDO câè tutto un sistema carbonaro e antiquato di scontistiche che i produttori fanno ai supermercati a seconda del posizionamento sullo scaffale (quando lavoravo in un fondo di private equity ricordo di una piccola azienda che aveva sviluppato un software per la gestione di questi accordi, talmente sono complessi). Nel nuovo mondo, lo scaffale è nel browser o nel display di un telefono e lo controllano gli aggregatori. Ecco un esempio di quello che fa Everli quando cerchi âBiscottiâ in un supermercato Lidl.
Mulino Bianco paga per stare lĂŹ in alto e non paga Lidl, ma Everli, che guadagna cosĂŹ una commissione sia da Lidl per lâordine, sia dal produttore per la pubblicitĂ . Tra gli investitori nellâultimo round di Everli câè ConvivialitĂŠ Ventures, il fondo di corporate venture capital di Pernod Ricard, che negli scaffali dei supermercati posiziona molti prodotti ad alto margine (alcolici). I brand di largo consumo, evidentemente, hanno un approccio allâinnovazione molto piĂš dinamico rispetto ai supermercati che si stanno facendo rosicchiare lentamente mercato e margini da dark stores e aggregatori.
Anche per questa settimana è tutto.
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