#18 ⛱ Dove sei stato?
Ciao lettore,
No, non sono partito per le vacanze senza salutarti, tutt’altro. Due elementi mi hanno tenuto lontano dalle vostre inbox.
1) Mi sono completamente ripreso da uno strappo al polpaccio e ho ricominciato a correre all’alba, slot che in questi ultimi mesi avevo riservato alla scrittura creativa e all’informazione finanziaria.
2) Ho seguito un progetto che ha richiesto parecchio impegno occupando spazi normalmente dedicati alla famiglia e al tempo libero, incluse le ore di sonno che a volte sacrificavo per scrivere Segui i Mangoddi.
Ora che sono di nuovo qui, due considerazioni brevi e spicciole prima di ricominciare a parlare di cose serie.
1) Scrivere una newsletter (un blog o qualsiasi altro testo strutturato con l’obiettivo di arricchire (in senso metaforico, eh) e interessare chi lo legge è un esercizio che richiede costanza, abnegazione e un pizzico di vanità, nel senso latino del termine (vanus). All’inizio è difficile fissare i pixel bianchi e il cursore che lampeggia beffardo, ma superata quella parte, tutto comincia a scorrere meglio. Si avvia quel feedback-loop positivo tra allenamento e progressi (più mi alleno, più miglioro, più miglioro più mi alleno). E’ esattamente come con la corsa: iniziare è la parte più difficile, poi ci prendi gusto e vuoi fare sempre di più. Forse non è un caso che abbia cominciato a scrivere questa newsletter in un periodo in cui non mi era più possibile correre (sulla corsa avevo scritto un post sei anni fa sul blog che ogni tanto mi ritrovo a rileggere quando mi manca l’ispirazione per correre o per scrivere).
2) A chi non è mai capitato di fare tardi a lavoro o di abbattere le frontiere tra orario di lavoro e tempo personale permettendo al primo di colonizzare il secondo? A me è capitato in quest’ultimo mese. Non posso dire che la soddisfazione professionale non abbia compensato il tempo sottratto alla newsletter e in parte alla famiglia, ma nel lungo termine è importante che i confini ci siano e rimangano tali. Se per lavorare bene devi dormire poco, in fin dei conti, vuol dire che non stai lavorando bene. Ritornando all’analogia della corsa, chi corre bene i 10 km con buoni tempi, può tranquillamente farsi una mezza maratona anche senza allenarsi in modo specifico, ma correrà i 21 km con un tempo pessimo e sarà a pezzi per una settimana. In ambito professionale è lo stesso: ci vuole metodo, allenamento e bisogna saper dosare le energie, altrimenti puoi arrivare lontano ma non necessariamente sentirti bene.
E adesso parliamo di cose serie… O quasi.
Bond e Bitcoin
Il progetto che mi ha tenuto tanto occupato è stata un’emissione obbligazionaria high yield. I bond high yield, quelli che un tempo venivano in maniera dispregiativa chiamati bond spazzatura, sono tutte quelle obbligazioni con rating inferiore a BBB- (sub investment grade) che offrono rendimenti elevati. Nel modo di oggi in cui abbonda la liquidità e le banche centrali fanno incetta di titoli investment grade (sia titoli di stato, sia corporate) lasciandone pochi per il mercato, i titoli high yield sono gli unici ad offrire rendimenti reali decenti (per decenti intendo superiori allo zero) ed è per questo che molta della liquidità si è riversata su quest’asset class aprendo infinite possibilità per alcuni emittenti border line e con “use of proceeds” discutibili.
Un caso eclatante è quello di Microstrategy, una società di software che si è imbarcata nell’ultimo anno in una aggressiva campagna di acquisti di Bitcoin. All’inizio erano solo “impieghi di tesoreria” - liquidità in eccesso generata dal business tradizionale - ma poi con il crescere delle quotazioni dei Bitcoin, il CEO di Microstrategy ci ha preso gusto e ha cominciato a far indebitare la società per acquistare Bitcoin emettendo 1,7 miliardi di dollari in obbligazioni convertibili tra dicembre 2020 e febbraio 2021.
A fine febbraio Microstrategy aveva acquistato 90.531 bitcoin al prezzo medio di 24.000 USD per Bitcoin (2,7 miliardi di dollari). Con i Bitcoin a quota 60.000 USD, il bottino di Microstrategy era arrivato a valere 5.4 miliardi di dollari con la capitalizzazione della società che aveva raggiunto 10 miliardi di dollari.
Quando le quotazioni di Bitcoin hanno cominciato a scendere da 60.000 verso 30.000, la capitalizzazione di Microstrategy si è dimezzata di conseguenza, seppur rimanendo sempre superiore rispetto al cosiddetto fair value.
Come tutti gli speculatori incalliti, il CEO di Microstrategy ha pensato che il crollo delle quotazioni di Bitcoin fosse un’ottima occasione per comprarne altri. Già ma con quali soldi? Difficile emettere obbligazioni convertibili con il prezzo delle azioni in caduta libera. E allora ecco tirare fuori dal cilindro un high yield bond da 400 milioni di dollari senior secured a 7 anni.
Senior Secured vuol dire che il titolo è un’obbligazione vera e propria, da pagare a scadenza, assistita da un pegno su tutti i beni della società, compresi i bitcoin acquistati. L’obbligazione, che paga un coupon del 6,125%, è andata così a ruba che alla fine Microstrategy ne ha emesse per un ammontare di 500 milioni di dollari e ha subito utilizzato i proventi per comprare 13.000 Bitcoin al prezzo di 37.600 dollari (oggi il Bitcoin è a circa 32.000 dollari).
Avendo lavorato da vicino su un’emissione obbligazionaria senior secured, conoscendo tutti i dettagli da inserire nel prospetto dell’indenture (il contratto obbligazionario) e le analisi a cui la società deve sottomettersi per ricevere il rating da parte delle agenzie, ero curioso di andarmi a leggere un po’ di dettagli sull’emissione di Microstrategy. Ad esempio: come si fa a creare un pegno su dei Bitcoin? Quali rischi avranno segnalato nel prospetto.
Ecco alcuni elementi interessanti.
Microstrategy descrive così la propria attività:
We pursue two corporate strategies: (1) grow our enterprise analytics software business to promote our vision of Intelligence Everywhere and (2) acquire and hold bitcoin, which we view as a dependable store of value supported by a robust, public, open-source architecture untethered to sovereign monetary policy.
We view our bitcoin holdings as long-term holdings, and we do not plan to engage in regular trading of bitcoin and have not hedged or otherwise entered into derivative contracts with respect to our bitcoin holdings, […] we will continue to monitor market conditions in determining whether to conduct debt or equity financings to purchase additional bitcoin.
In pratica Microstrategy è una roba a metà tra una software house e un ETF su Bitcoin con politiche di accounting e financing molto opache.
Tra i rischi segnalati ci sono questi:
if we or our third-party service providers experience a security breach or cyberattack, or if our private key is lost or destroyed, we may lose some or all of our bitcoin
Ti immagini una società che ti scrive fra i rischi di un’emissione obbligazionaria che la società rischia di farsi rubare o di perdere tutti i suoi contanti se dovesse perdersi la chiave della cassaforte?!
e ancora:
our bitcoin holdings are less liquid than our existing cash and cash equivalents and may not be able to serve as a source of liquidity for us to the same extent as cash and cash equivalent
No shit?! E infatti se i Bitcoin fossero davvero considerati “cash” non si spiegherebbe come mai a una società con 4 miliardi di dollari in Bitcoin e 2,2 miliardi di dollari di debiti (di cui 1,5 in obbligazioni convertibili) sia stato assegnato un rating di B- da S&P Global Ratings, che infatti scrive:
Unlike MicroStrategy, S&P Global Ratings doesn't treat bitcoin as equivalent to cash for balance sheet valuation due cryptocurrency's significant volatility, regulatory risk, catalyst/momentum risk, and environmental risk.
Leggendo l’indenture del bond ci sono alcuni dettagli interessanti. Uno potrebbe immaginarsi che i 4 miliardi di dollari in Bitcoin, tutto sommato, possano mitigare molto il rischio di un’emissione da 500 milioni di dollari. Eh no. Ecco cosa dice il contratto sul collateral (attenzione al grassetto):
The Notes and the related guarantees are secured, on a senior secured basis with the Company’s existing and future senior indebtedness, by security interests on substantially all of the Company’s and the Subsidiary Guarantors assets, including any bitcoins or other digital assets acquired on or after the Closing Date, but excluding the Company’s existing bitcoins as well as bitcoins and digital assets acquired with the proceeds from existing bitcoins and bitcoins acquired from proceeds of debt secured by existing bitcoins (the “Collateral”).
E infatti tutto il bottino accumulato in precedenza è stato spostato in una società chiamata Macrostrategy (che fantasia) che non garantisce il bond e non è oggetto di pegno. Quindi il 500 milioni di senior secured notes con cedola 6,125% sono garantiti di fatto solo dai 13.000 Bitcoin comprati da Microstrategy subito dopo l’emissione (che oggi valgono 415 milioni di dollari). Puro margin lending su una delle asset class più volatili del mondo a un tasso del 6,125% (che credo sia il tasso con cui si fa margin lending per fare trading sull’S&P500).
Ci sono ancora due caratteristiche molto particolari di questo bond. Formalmente ha scadenza 2028, ma ha una simpatica caratteristica chiamata “Springing maturity” che lo fa venire a scadenza nei 90 giorni precedenti rispetto alla scadenza dei bond convertibili esistenti (2025 e 2026) qualora la società non possedesse liquidità pari ad almeno il 130% dell’ammontare necessario a rimborsare il bond convertibile in scadenza. Il concetto è questo: se vedo che non hai liquidità sufficiente a rimborsare il bond convertibile, rimborsi prima del tempo il bond senior secured che avrebbe dovuto essere rimborsato nel 2028.
E indovinate qual è la definizione di liquidità contenuta nell’indenture? (qualcosa mi dice che non è la stessa di S&P Global Ratings):
Liquidity means, as of any date of determination, the sum of (a) the total unused commitments under any Credit Facility of the Issuer or any Restricted Subsidiary (other than any Credit Facility of any Existing Digital Assets Subsidiary […] (c) an amount equal to the Digital Assets Market Value of the Existing Digital Assets of the Issuer and its Restricted Subsidiaries;
Dove il “Digital Asset Market Value” sarebbe:
the seven (7) day moving average price of such Digital Assets for the seven (7) days immediately preceding the day which is ten (10) days prior to the applicable Springing Maturity Date measured at 4:00 PM Eastern Time for each such day during such period on a primary Digital Asset exchange, including Coinbase, as determined by Issuer in good faith.
La definizione di “primary digital asset exchange” non c’è, quindi sceglierà Microstrategy in good faith. Il profilo rischio/rendimento di questo bond si fa sempre più strano.
E’ curioso spulciare i dettagli di questo bond perché ci dà la possibilità di vedere come l’ingessato e classico mondo del mercato obbligazionario stia interagendo con questo tipo di asset. La parte dedicata al pegno, alla security, è ancora più interessante. Normalmente le società che emettono debito secured iscrivono dei pegni con efficacia reale su immobili, azioni, crediti, etc. Ma come si fa ad iscrivere un pegno su dei Bitcoin? Puoi costituire un pegno su un conto corrente, ma come fai a farlo su dei sacchi pieni di banconote? In pratica si prevede che un “Collateral Agent” abbia il controllo congiunto dei Bitcoin che saranno versati in un conto per tenere i bitcoin (definiti Digital Assets in legalese). il problema è che i legali forse non comprendono bene come per i Bitcoin non serva necessariamente un “Securities Account” come se parlassimo di azioni, di obbligazioni o di dollari. Puoi tenere Bitcoin sulla blockchain e conservare le chiavi private su un pezzetto di carta. E infatti nell’indenture c’è una previsione che contiene un pericoloso “commercially reasonable” che rende di fatto del tutto aggirabile la security:
to the extent the Collateral Agent has not been granted control over any Digital Asset subject to a security interest granted under the Collateral Agreement in the form of control agreements (“Control Agreements”) over the securities account that is being opened to hold any such Digital Assets (the “Digital Assets Securities Account”) on or prior to the Issue Date, the Issuer shall use commercially reasonable efforts to deliver a Control Agreement with respect to the Digital Assets Securities Account within 60 days following the Issue Date.
C’era un vecchio adagio che riteneva gli investitori del reddito fisso (le obbligazioni) più con i piedi per terra rispetto a quelli dell’azionariato. Per cui movimenti sul reddito fisso di una società potevano essere utilizzati come segnali indicatori sulla salute della società. Vedendo cosa sta accadendo oggi - vuoi per la liquidità in abbondanza, vuoi perché forse sono cambiati gli attori di quei mercati - credo che avvenga esattamente l’opposto, con gli investitori del debito disperati nel trovare rendimenti e società che se ne approfittano gonfiando il proprio valore grazie a costo del debito basso rispetto a profili di rischio/rendimento dei propri investimenti.
Microstrategy è un caso estremo e di scuola in cui una società può permettersi di fare investimenti rischiosi e con pay-off potenzialmente elevati, pagando solo il 6,25%. Qui di seguito la capitalizzazione in miliardi di dollari di Microstrategy che da quando si è imbarcata nel lancio di obbligazioni è salita vertiginosamente.
Dei 5 miliardi di dollari di capitalizzazione attuale, 3,3 miliardi si spiegano con i Bitcoin ai prezzi correnti, un miliardo con il business tradizionale e il resto è tutto “avviamento” o extra valore che il mercato attribuisce alla società grazie ai potenziali ritorni dei suoi investimenti in Bitcoin (un regalo da parte dei suoi obbligazionisti che si sono accontentati davvero di poco rispetto ai rischi insiti nella volatilità dei bitcoin).
You say you wanna a revolut
Notiziona della settimana. Tiger Global Management e Vision Fund investono 800 milioni di dollari in Revolut valutandola 33 miliardi di dollari. Trentatre miliardi di dollari. Che vuol dire 1,3 volte Unicredit. Unicredit ha 25 milioni di clienti e mediamente genera ricavi per 920 euro ogni clienti. Revolut ha 16 milioni di clienti e genera 19 euro per cliente.
Perché Revolut dovrebbe valere di più? Perché Unicredit (e le altre banche tradizionali dovrebbero essere preoccupate)?
Per tanti motivi.
Il principale è la velocità. Revolut è arrivato a 16 milioni di clienti in 35 paesi in cinque anni con 1,7 miliardi di dollari di capitale raccolto. Unicredit ci ha messo 30 anni e solo nel 2017 ha chiesto 13 miliardi di euro di capitale al mercato. Unicredit ha oltre 90 mila dipendenti. Revolut ne ha 2.000. La velocità con cui Revolut riesce a scalare è impressionante, anche per una challenger bank. Entra in 5-10 paesi nuovi ogni anno e, spendendo 10-20 milioni di euro in campagne marketing ,riesce a diventare la challenger bank dominante nei mercati in cui entra.
Revolut non solo riesce ad acquisire clienti velocemente, ma punta ad incrementare i ricavi per cliente sviluppando prodotti e funzionalità a una velocità pazzesca e impensabile per qualsiasi altra banca tradizionale. Nel 2015 Revolut era una carta prepagata che consentiva di risparmiare sui costi di transazione in valuta straniera. Oggi offre conti multi iban, servizi corporate, trading di criptovalute, conti di deposito, trading di azioni, prestiti personali.
L’ambizione è quella di diventare una sorta di Super App per qualsiasi prodotto finanziaria. Vi consiglio di leggere il profilo di Whisight che è fatto molto bene e contiene molte informazioni interessanti.
La velocità di sviluppo di nuovi prodotti è secondo il CEO Nikolay Storonsky una delle armi segrete di Revolut:
It’s our secret weapon, right, it’s how we compete with other companies. Because ultimately all… businesses, what they do, they give products to people and then the faster you can ship products, the faster you can iterate on products, so the more chances that you will win. As a result, [in the] last 5-6 years, we just perfected the speed – and we pay so much attention to speed and quality of the product – because ultimately, product wins.
Ma il motivo principale per cui Unicredit e le banche dovrebbero essere preoccupate è che, contrariamente ad altre fintech fuggono come la peste regolatori e licenze bancaria, Revolut vuole essere una banca vera e propria
Our vision is we want to build a global bank… sooner or later, someone will do it, and we want it to be us.”
Alcune banche tradizionali ci sono andate vicino ma hanno fallito (HSBC ha venduto recentemente il business retail in Francia pagando letteralmente Cerberus per prenderselo; Citi sta cercando disperatamente di uscire da 13 mercati tra cui Sud Corea ed Europa). Ci riuscirà Revolut?
Per il momento Revolut ha una licenza per operare come istituto di pagamento in Lituania e UK. Questo gli consente di lanciare prodotti in maniera molto snella, ma deve tenere i depositi dei clienti presso istituti finanziari senza poterli utilizzare per prestiti e altri impieghi. Con una licenza bancaria sarebbe tutta un’altra storia e Revolut avrebbe per di più accesso al funding della banca centrale europea. A quel punto, con quella velocità di esecuzione e quella efficiente macchina marketing, Revolut potrebbe fare davvero male alle banche tradizionali.
Certo, una licenza bancaria si porta dietro tutta una serie di costi di compliance e risk management, ma credo che questo sia proprio il punto degli 800 milioni di aumento di capitale appena versati da Tiger Global e Vision Fund. E se i tassi di crescita continueranno ad essere questi, non sarà un problema per Revolut reperire altri capitali.
Scassa Depositi
Due notizie passate inosservate.
Deposit Solutions si fonde con Raisin per dar vita a Raisin DS, il più grande aggregatore di depositi della zona euro. Su questa newsletter ne ho già parlato una volta. Il business di aggregare depositi e mettere in contatto depositanti con banchette di dubbia qualità non solo non mi è mai piaciuto, ma mi è sempre sembrato pericoloso per l’integrità dei fondi di tutela dei depositi e per la stabilità del sistema bancario in generale.
C’è qualcosa di perverso nel fatto che la startup svedese Klarna per finanziare prodotti ad alto rischio come il credito al consumo si finanzi con conti di deposito raccolti presso i risparmiatori tedeschi tramite Raisin senza avere neanche uno sportello in Germania (n.b. ai risparmiatori tedeschi non importa del modello di business di Klarna perché danno per scontato che i depositi siano garantiti: e infatti lo sono).
E infatti dalla call di ING dell’ultimo trimestre, non particolarmente avvincente, è emerso un dettaglio interessante. ING registrerà una perdita nel 2Q di 200 milioni di euro per colpa dello scandalo Greensill (ne abbiamo parlato in passato). Ma come anche ING ha investito in Greensill? No, zero. Nessuna esposizione verso Greensill, nessun investimento nei loro fondi. E allora?
ING ha una quota del 3% sul mercato bancario tedesco e Greensill aveva una banca - Greensill Bank - che utilizzava per raccogliere depositi in Germania. Greensill Bank è saltata ovviamente insieme a Greensill e lo schema di tutela dei depositi tedesco ha dovuto rimborsare i depositanti di Greensill Bank (4 miliardi di euro). E ora tutte le banche con depositi in Germania - quindi non sarà solo ING - dovranno mettere mano al portafoglio.
Ma come ha fatto Greensill Bank a raccogliere 4 miliardi di depositi?
Grazie a Raisin (e altri aggregatori di depositi). Una banca farlocca offre il 3% di interessi sui depositi a vista. Non fa nessuna campagna di marketing costosa, ma semplicemente si rivolge a Raisin. Raisin raccoglie depositi da clienti disposti a spostare depositi da una banca all’altra con garanzia al 100% fino a 100 mila euro. Zero rischi, 3% per depositi a vista… Cosa può andare storto?
Il CEO di Raisin ha dichiarato:
The favourite activity from Germans in optimising their cash returns is so-called rate hopping
Qualcuno ha fatto i conti di quanto dovrà versare Unicredit? My guess is 5-10% dell’utile atteso per il 2021…
Anche per questa settimana è tutto. Se ti è piaciuta questa newsletter puoi cliccare sul cuoricino, condividerla sui social network o magari girarla ad amici e colleghi.
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Se hai ancora qualche ora da perdere puoi leggere qui l’archivio completo di Segui i Mangoddi.