#17 🍿Il prezzo di tutto e il valore di niente
Un altro weekend, un altro numero di Segui i Mangoddi, il diciassettesimo. L’esperimento della settimana scorsa (invio di domenica) ha funzionato e l’open rate è tornato sopra il 60%. Non so se rallegrarmi per l’interesse che suscitano queste righe o se preoccuparmi per il modo in cui passate il weekend.
Scherzi a parte, grazie! Sottoscrivete e condividete.
Nel menù di questa settimana qualche parola sulla vendita di Autostrade per l’Italia e sul fenomeno “Meme Stock”.
Autostrade per l’Italia
La settimana scorsa l’assemblea di Atlantia, che controlla l’88% della bistrattata Autostrade per l’Italia (ASPI), ha votato a favore della cessione della sua quota in ASPI a un consorzio formato da CDP, Blackstone e Macquarie.
Niente è più desolante e disarmante di un deal in cui si siedono allo stesso tavolo finanza e politica (e populismo). O segui i soldi, o segui i voti. Se poi nello stesso deal ci metti anche una tragedia come quella del crollo del Ponte Morandi, Toninelli alle infrastrutture, il Conte Uno, il Conte Bis e la pandemia, è facile non capirci più nulla analizzando una della più grandi operazioni di M&A degli ultimi anni in Italia con la lente sbagliata.
Noi seguiamo i Mangoddi e ci interessa questo deal perché rientrerà probabilmente negli annali come case study sulle strategie di negoziazione. Pu rientrando l’operazione di cessione nelle deleghe del CdA, evidentemente i consiglieri di Atlantia avevano paura di un’azione di responsabilità e così si sono rivolti all’assemblea degli azionisti. Meglio per noi: è stata l’occasione di ripercorrere a porte aperte tutto l’iter negoziale che ha portato alla vendita di ASPI al consorzio guidato da CDP.
Nelle puntate precedenti…
Il prologo lo conoscete tutti. Tre anni fa crollava il Ponte Morandi paralizzando una regione e portandosi via 43 anime. Autostrade per l’Italia ha, come minimo, una colpa oggettiva, ma si sospetta che ci siano di mezzo anche colpa grave e dolo. Facile ipotizzare che gli investimenti in manutenzione siano stati trascurati sacrificando la sicurezza delle infrastrutture sull'altare del dio denaro. Improvvisamente diventano tutti esperti di concessioni autostradali, di RAB (regulatory asset base) e di ROI, gridando allo scandalo per una concessione autostradale molto generosa e gestita da un regolatore poco attento agli investimenti. Meno scontato chiedersi: dov’era il ministero dei trasporti? Perché il regolatore ha regolato così male e non ha vigilato per vent’anni, sotto ogni bandiera politica? Si può parlare di corresponsabilità pur senza assolvere ASPI? Forse sì. E non parlerei di malaffare e collusione tra funzionari ministeriali e ASPI: incompetenza e stupidità sono spiegazioni solitamente molto più plausibili dell'avidità.
La circostanza che ASPI fosse controllata indirettamente da una delle famiglie più ricche d’Italia (che possiede il 30% di Atlantia), in un paese a vocazione cattolica, dove il successo e i mangoddi sono colpe da espiare, ha alimentato una corsa all’esproprio proletario.
Vogliamo le autostrade
Con i funerali delle vittime ancora da celebrare, nell’estate del 2018 il governo si è affrettato a brandire termini altisonanti e minacciosi come “caducazione della concessione” e “grave inadempimento”. Purtroppo nessuno si è preso la briga di considerare che secondo la convenzione in vigore ASPI avrebbe potuto ricevere un indennizzo record di 15-20 miliardi di euro dalla revoca della concessione e che il grave inadempimento va accertato in tempi lunghi; non lo puoi annunciare al telegiornale. Fatto sta che il governo, con gli annunci estemporanei di agosto 2018, si è messo da solo in un vicolo cieco reclamando lo scalpo dei Benetton e il bottino della concessione in un contesto normativo molto favorevole ad ASPI.
E’ così che lo stato avvia una procedura di contestazione per grave inadempimento (non ancora conclusa dopo 3 anni) intavolando allo stesso tempo una trattativa per la cessione della quota di controllo di ASPI allo stato.
Non si poteva togliere la concessione ad ASPI senza sborsare 20 miliardi di euro; non si poteva invocare un grave inadempimento in tempi brevi. La strategia negoziale del governo è stata quindi la seguente: vendimi la tua quota a prezzo basso, un prezzo più basso di 20 miliardi, perché le indagini prima o poi ti inchioderanno e ti ritirerò la concessione facendoti pagare anche una penale.
Nel frattempo, con uno spericolato intervento normativo a carattere retroattivo, il 31 dicembre 2019 il governo modifica unilateralmente la convenzione autostradale riducendo l’indennizzo dovuto ad ASPI in caso di decadenza della concessione da 20 miliardi a 7 miliardi. La Commissione Europea ha aperto un’indagine al riguardo.
Se fosse stato possibile dimostrare un grave inadempimento e applicare i nuovi termini per l'indennizzo, perché non aspettare la conclusione delle indagini, ritirare la concessione spendendo 7 miliardi e nel frattempo fare le pulci ad ASPI costringendola ad investimenti più consistenti riducendone la redditività? Beh, perché la politica aveva fretta di sbandierare lo scalpo dei Benetton e doveva far vedere che lo stato, lo stesso stato che per vent’anni non è stato in grado di vigilare correttamente su una delle concessioni più importanti d’Italia, lo stesso stato che con l’Anas ha ridotto a un colabrodo la rete stradale italiana, gestirà di nuovo le autostrade.
La posizione negoziale di Atlantia non era affatto facile. Il suo principale business in Italia, da cui ricavava metà del suo profitto, era minacciato dall’ente concedente. La società, dopo una gestione mediatica della tragedia a dir poco catastrofica, godeva dello standing reputazionale di una cosca mafiosa. Lo stato voleva imporre una vendita a prezzo di saldo minacciando interventi normativi a carattere vessatorio e ad effetto retroattivo. Come se non bastasse, il COVID aveva nel frattempo quasi azzerato i ricavi di ASPI e degli altri business di Atlantia legati alla mobilità delle persone (autostrade in Spagna, aeroporti, etc.).
Come trattare con una controparte così in un contesto del genere?
Beh, sono sicuro che in Atlantia devono aver preso come avvocato Harvey Specter.
Una trappola che sembra un accordo
E’ così che solo due anni dopo, nel luglio 2020, si arriva a un bell’accordo tra Atlantia e il governo con cui il governo si impegna a interrompere la procedura per grave inadempimento subordinatamente alla modifica della concessione retta da un nuovo piano economico finanziario (PEF), la cui approvazione da parte del regolatore era a sua volta subordinata alla vendita di ASPI ad un soggetto a partecipazione statale.
C’è solamente un problema. Il valore di ASPI era fortemente influenzato dal nuovo piano regolatorio che si sarebbe dovuto sottoscrivere.
Non ci voleva un genio della finanza per capire che l’accordo raggiunto tra Atlantia e Governo non avrebbe portato da nessuna parte mancando l’elemento più importante: il prezzo (e il PEF). E infatti non si arriva da nessuna parte.
Atlantia, però, è riuscita a far uscire mediaticamente allo scoperto il governo grazie a questo accordo e a chiamare il suo bluff. Ora tutto il mondo sa che lo stato vuole comprare ASPI ed è disposta a chiudere la procedura per grave inadempimento pur di prendersi ASPI.
Due binari per un’autostrada
Una volta fatto cadere il governo nel trappolone dell’accordo sbandierato sui giornali, a settembre 2020 Atlantia si inventa un altro colpo di teatro per mettere alle strette il governo. Avvia un processo dual-track con cui a) vendere sul mercato la quota di ASPI (non necessariamente allo Stato) oppure b) staccare la partecipazione di ASPI da Atlantia (scissione) distribuendola direttamente agli azionisti di Atlantia, con i Benetton che avrebbero venduto subito il loro 30% in ASPI. Viene anche assunta Goldman Sachs per valutare ASPI sulla base del piano tariffario in negoziazione con il ministero (che ricordiamolo, sarebbe entrato in vigore solo vendendo ASPI allo stato!).
Chi vuoi che compri un asset come ASPI con una procedura aperta per grave inadempimento e un piano tariffario ancora in sospeso? Nessuno. Era evidente che il processo di dual track fosse un bluff per mettere alle strette il governo. Atlantia stessa nella relazione all’assemblea del 31 maggio 2021 convocata per discutere la transazione scrive:
In un contesto così particolare, oltremodo incerto e di difficile interpretazione da parte degli investitori, stante il perdurare della Procedura ed il concreto mancato avvio dell’approvazione dell’Atto Transattivo, dell’Atto Aggiuntivo e del PEF 3/12, permanendo la clausola che ne subordina l’efficacia alla vendita a CDP, risulta evidente che sia alquanto improbabile che si presentino acquirenti diversi da CDP, come in effetti sino ad oggi avvenuto.
Eppure il governo ci casca in pieno e ad ottobre 2020 presenta un’offerta non vincolante compresa tra 8,5 e 9,5 miliardi per il 100% dell’equity di ASPI che sarebbe stata acquistata da un consorzio composto da CDP, il fondo MIRA 6 gestito da Macquarie e un fondo infrastrutturale gestito da Blackstone.
Offertona
Soffermiamoci un attimo sul prezzo. Quando si annuncia un deal di M&A l’equity value è scarsamente rilevante. Posso comprare una società per zero euro, ma se nella società ci sono dieci miliardi di debiti, vuol dire che la sto comprando a 10 miliardi. Si chiama Enterprise Value ed è il motivo per cui in tutti i deal si usa di solito la formula: Pluto compra la Pippo S.p.A. per 100 milioni (enterprise value) comprensivi di debiti per 10 milioni.
Quanti debiti ci sono in ASPI? 12 miliardi di euro (di cui 4 miliardi garantiti da Atlantia). Ergo il prezzo offerto è in realtà compreso tra 20,5 miliardi e 21,5 miliardi di euro. Che non è poi tanto lontano da quei 20 miliardi che Atlantia avrebbe preso in caso di ritiro della concessione originaria. Il governo, insomma, non credeva di poter far valere la modifica unilaterale della convenzione con cui avrebbe sborsato “solo” 7 miliardi per il ritiro della concessione. Evidentemente, però, al governo non piaceva tanto ammettere che stavano dando una cifra tanto grande ai quei cattivoni dei Benetton e così ogni annuncio è stato scrupolosamente fatto tacendo del debito presente in ASPI.
Da ottobre 2020 a oggi si è arrivati a progressivi miglioramenti dell’offerta vincolante essendo ormai caduto il governo nel trappolone di Atlantia.
Si è partiti a ottobre 2020 con un’offerta non vincolante da 8,5-9,5 miliardi soggetta a due diligence che è stata progressivamente abbassata a 8,0 miliardi. Di fronte al rifiuto di Atlantia, a febbraio 2021 il consorzio di CDP è arrivato a definire un prezzo vincolante di 9,1 miliardi che però ancora non andava bene ad Atlantia. C’erano indennizzi potenziali troppo alti a carico di Atlantia (fino a 1,5 miliardi), una locked box che partiva dal 31/12/2019 (tutti i flussi di cassa prodotti da quella data erano dell’acquirente) e altri dettagli che valevano svariati milioni di euro.
Si arriva quindi all’offerta di aprile 2021 che confermando lo stesso prezzo aveva diversi elementi migliorativi per Atlantia:
1) Gli indennizzi potenziali a carico del venditore sono stati ridotti a 459 milioni, garantendo ad Atlantia la possibilità di gestire le cause relative agli indennizzi insieme all’acquirente di ASPI
2) La locked box è stata spostava 31/12/2020 (più flussi di cassa per Atlantia)
3) E’ stata introdotta una ticking fee del 2% sul prezzo che parte dal 1/1/2021 alla data del closing (in pratica 200 milioni in più). Il venditore paga il 2% di 9,1 miliardi a partire dal 1/1/2021 fino all’effettivo perfezionamento dell’operazione.
4) E’ stato introdotto un earn-out per Atlantia nel caso di revisione al rialzo delle tariffe come ristoro COVID
5) E’ stata introdotta come condizione sospensiva del deal la liberazione della garanzie di Atlantia sul debito di ASPI
6) E’ stata aggiunta una clausola di anti embarrassment che dà diritto ad Atlantia di percepire eventuali plusvalenze in caso di vendita di ASPI con plusvalenza entro i 12 mesi successivi alla transazione.
A questo punto la transazione era pronta per essere votata in assemblea che ha approvato con il 61% del capitale.
Atlantia incassa quindi 9,3 miliardi, si sbarazza di 12 miliardi di debiti di ASPI ed e potrà tornare ad investire nelle infrastrutture concentrandosi a questo punto sulle attività di Abertis. Mi aspetto che lasci Piazza Affari tra 1-2 anni. E’ un prezzo del 30% più basso rispetto a quello che valeva ASPI nel 2017 quando un consorzio guidato da Allianz e Silk Road comprò una quota di ASPI del 12%, ma considerando che di mezzo c’è stato il COVID, una tragedia come il Ponte Morandi e la situazione negoziale molto delicata, direi che Atlantia ne è uscita molto bene.
Detto senza gridare allo scandalo. Poteva andare molto peggio per Atlantia. Potevano trovare un governo disposto a tirarla per le lunghe con la procedura per grave inadempimento minando seriamente le finanze di Atlantia (molto indebitata come tutte le società di infrastrutture), che stava cominciando ad avere qualche difficoltà a rifinanziare il suo debito a prezzi sostenibili, soprattutto dopo il COVID. Sono stati bravi, ma anche fortunati avendo trovato un governo con la smania del populismo e dell’interventismo a cui interessava la concessione più della sostanza.
I fondi di Blackstone e Macquarie fanno un ottimo affare comprando un asset ambito a un prezzo calmierato e mettendosi in società con il regolatore stesso, quindi con pochissimo rischio (circostanza mai vista). Non viene specificato con che quote parteciperanno al progetto ma possiamo fare qualche ipotesi. Una parte del prezzo di 9,3 miliardi potrebbe essere finanziata con 1 miliardi di debito aggiuntivo da caricare su ASPI (che già ne ha 12). MIRA 6 è un fondo da 6 miliardi e difficilmente metterà sul piatto più del 20% del fondo stesso (1,2 miliardi). Blackstone Infrastructure è un fondo da 12 miliardi di euro potrebbe mettere al massimo 2,4 miliardi. Così i fondi avrebbero complessivamente il 43% di ASPI, con CDP al 57%.
C’è da chiedersi perché CDP abbia bisogno di Blackstone e Macquarie e perché si sia voluto far beneficiare questi fondi del vantaggio negoziale di cui godeva lo stato in questa trattativa. A CDP non mancavano certo 3-4 miliardi. Se far rientrare ASPI nella mano pubblica poteva aver senso sottraendone la gestione a logiche di mercato e investendo su una importante infrastruttura, la presenza di Blackstone e Macquarie favorirà una gestione orientata al profitto: che non è un male per sé, anzi, ma è qualcosa di diverso rispetto alla narrativa che ha guidato l’esproprio sbandierato dal primo governo Conte. Quello che succederà è che tra 2-3 anni quei fondi usciranno con una bella plusvalenza vendendo la loro quota a CDP stessa, oppure quotando ASPI in borsa. Forse CDP avrebbe potuto acquistare direttamente tutta ASPI e quotare subito il 30-40% in borsa facendo approfittare gli italiani (e non Blackstone/Macquarie) dell’upside derivante da un prezzo d’acquisto basso. Ma così non è stato e tutti guardano all’unico vero aspetto importante (che importante non è): i Benetton fuori dalle autostrade.
Evviva!
Meme Stock
Il primo numero di questa newsletter è uscito parlando di Gamestop, per cui questa settimana non posso non parlare di quello che è successo a AMC.
AMC è una società che gestisce una catena di sale cinematografiche americane. Prima della pandemia fatturava 5 miliardi di dollari, guadagnandone 700 milioni a livello di ebitda. Negli anni precedenti la pandemia la società valeva 1 miliardo di dollari a cui bisognava aggiungere 5 miliardi di debiti. Il livello di indebitamento era alto (7 volte l’ebitda), ma la valutazione complessiva era dignitosa (EV/Ebitda 8,5 volte) nonostante le prospettive per il settore non fossero propriamente rosee (lo streaming era già una minaccia allora).
Arriva la pandemia e la società ovviamente si ritrova sull’orlo del baratro con fatturato crollato da 5 a 1 miliardo di dollari, perdite di 1 miliardo di dollari a livello di ebitda e indebitamento che arriva a 11 miliardi.
Per fortuna arriva in soccorso Reddit…
AMC rientra nel gruppo delle cosiddette “meme stock”, un gruppo di società particolarmente care agli azionisti retail attivi sul social Reddit che provano ad acquistare in massa certi titoli per pomparne il valore. In principio fu Gamestop, che arrivò a valere oltre 20 miliardi (partendo da 1 miliardo). Dopo essere ri-crollata a 5 miliardi, Gamestop vale ora 15 miliardi senza un particolare motivo, se non il sostegno di cui gode da parte della comunità Reddit. La società si è sempre sentita un po’ in imbarazzo per quello che è successo parlandone il meno possibile.
(sotto la capitalizzazione in miliardi di euro di Gamestop e AMC)
AMC ha invece deciso di abbracciare il fenomeno “meme stock” e di approfittarne in pieno.
Sembra uno scherzo, ma… La società se ne è uscita offrendo ai propri azionisti pop corn formato XL gratuiti nelle proprie sale e i piccoli investitori si sono precipitati ad acquistare azioni portando la società a valere 25 miliardi.
Con il valore della società alle stelle, un fondo hedge ha offerto alla società di sottoscrivere al volo un aumento di capitale da 250 milioni di dollari, rivendendo le azioni di nuova emissione il giorno dopo. Grazie a una valutazione così alta la società, una volta sull’orlo del fallimento, è stata in grado di mettere in cassa 250 milioni diluendo i propri azionisti solo del 1% (mesi prima per raccogliere 1 miliardi necessario a sopravvive aveva diluito i proprio azionisti del 30%).
A parte le considerazioni su un mercato che ormai ha definitivamente rinunciato alla funzione di price discovery, il fenomeno meme stock sta creando profezie autoavveranti in positivo. Il mercato scommette irrazionalmente su un valore altissimo della società assegnandole quel valore. La società si ritrova per grazia ricevuta la possibilità di fare fund raising a costi molto bassi. La società può utilizzare quelle risorse per rilanciare il proprio business o fare acquisizioni trasformative che potrebbero effettivamente creare molto valore.
Interessanti anche i risvolti da un punto di vista di investor relations. Le società si sono sempre preoccupate di curare comunicazione e rapporti con investitori istituzionali, ma con il crescente peso degli investitori retail sembra che uno strategia volta a una maggiore attenzione verso il retail possa pagare, pagare molto. Tesla è un esempio in cui il CEO è particolarmente attento ad alimentare e coltivare i rapporto con la “community” più che i rapporti con gli istituzionali. Adesso abbiamo AMC che regala popcorn agli investitori. In un futuro prossimo possedere azioni equivarrà ad essere in qualche membri di un club? Quella che viene chiamata “corporate identity” non sarà più solo un tema di marketing nel momento in cui consumatore e azionista si fonderanno in un ruolo unico.
Nel frattempo, godiamoci i popcorn.
Costa sto vedendo
Mi dispiace tanto per AMC, ma ho ceduto alla tentazione di vedere a casa con Disney+, un film appena uscito nelle sale cinematografiche. Parlo di Cruella. Il film è un inno al punk-rock ambientato in una Londra vibrante con una colonna sonora pazzesca che spazia dagli Zombie ai Rolling Stones. Finalmente Disney si prende qualche rischio con una sceneggiatura che reinterpreta completamente l’originale dandogli delle tinte più ambigue e fosche (ancora più fosche), con un cast che lo interpreta in modo pazzesco. Emma Stone e Emma Thomson deuttano in modo sofisticato senza scadere nella caricatura del cattivo. Non ci capisco nulla di moda, ma credo che anche la parte sui costumi meriti una menzione d’onore.
Sono curioso di vedere quanti come me hanno preferito vederlo a casa anziché al cinema. Sarà un test interessante per capire se AMC potrà salvarsi con i popcorn gratis.
Anche per questa settimana è tutto. Se ti è piaciuta questa newsletter puoi cliccare sul cuoricino, condividerla sui social network o magari girarla ad amici e colleghi.
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