💸 E la lira si impennaa!
Buon inizio di settimana a tutti, spero che il weekend sia stato rilassante e pieno di spunti di riflessione interessanti anche senza il consueto e irregolare aggiornamento di questa newsletter. Fintanto che l’open rate resterà sopra il 60%, continuerò a sottrarre qualche ora al sonno per mettere in ordine le mie elucubrazioni su finanza e dintorni.
Vivace ma non troppo
C’è uno slancio verso la ripartenza enorme, ma, come più volte sottolineato qui, le macerie lasciate sul mercato dell’offerta non consentono di far fronte a una domanda concentrata e in marcato aumento. Lo stato generale dell’economia somiglia molto a quello della ristorazione: tutti vogliono andare al ristorante, ma i ristoratori non hanno abbastanza tavolini fuori e i camerieri sono tutti ancora in cassa integrazione. Le trimestrali di molte società americane che hanno riportato i risultati in questa settimana hanno tutte evidenziato il problema. Il CFO di Apple, nonostante i risultati brillanti, dice che nel prossimo trimestre dovranno ridurre le consegne di iPad e portatili per l’impossibilità di reperire semiconduttori, con un impatto di circa 3 miliardi di dollari in meno di ricavi. Ford ha ridotto le stime per l’EBITDA 2021 da 8 miliardi di dollari a 5,5 miliardi sempre a causa delle tensioni sul mercato dei semiconduttori (ormai le vetture sono un po’ dei computer). BMW e Honda hanno chiuso alcuni impianti produttivi e anche Fiat (ehm, Stellantis) fermerà l’impianto di Melfi per impossibilità di reperire semiconduttori da installare nelle auto.
Le materie prime stanno salendo tutte in maniera marcata. Il rame è a livelli record. Del legno abbiamo parlato la settimana scorsa e anche le granaglie cominciano a toccare livelli record. Anche in Italia alcuni converter di materie plastiche stanno chiudendo gli impianti temporaneamente per l’impossibilità di reperire plastica da lavorare e il settore del legno-arredo non riesce a far fronte alla domanda. Interessante il caso dell’abruzzese Giplast che produce la maggior parte dei bordi in acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS) che si trovano nei mobili di Ikea. Ikea continua ad aumentare la produzione di mobili, ma l’ABS è introvabile e Giplast fa fatica ad onorare i contratti con Ikea. In un cont del genere, tutto il modello di produzione lean, Just in time e globale va a farsi benedire.
La Federal Reserve sostiene che il rialzo dei prezzi sia temporaneo e che potrà mantenere bassi i tassi di interesse, ma sembra che in alcuni stati americani sia talmente difficile trovare lavapiatti o camerieri che alcuni ristoranti pagano dei bonus di ingresso alla gente per cominciare a lavorare (cose che possono accadere quando lo stato ti manda degli assegni a casa mentre l’economia sta per ripartire).
Warren Buffet non sembra pensarla così e dice all’assemblea dei suoi azionisti:
We’re seeing very substantial inflation, it’s very interesting. We’re raising prices. People are raising prices to us and it’s being accepted.”
Allo stesso evento Charles Munger dice parole piuttosto definitive sui Bitcoin:
I hate the bitcoin success. And I don’t welcome a currency that’s so useful to kidnappers and extortionists and so forth . . . So I think I should say modestly that I think the whole development is disgusting and contrary to the interest of civilisation’
Sicuramente deve pensarla così Tesla che ha pompato la sua trimestrale vendendo circa un decimo delle sue riserve in Bitcoin (1,5 miliardi di dollari) realizzando così 100 milioni di dollari di profitti contabilizzati come “minori spese” assieme a crediti verdi per 500 milioni di dollari. Senza queste due voci (ironicamente nella stessa riga di p&l) Tesla non sarebbe stata profittevole negli ultimi trimestri profittevole.
Binance
Dopo la quotazione della settimana scorsa al NYSE, conoscerete sicuramente Coinbase come uno dei principali mercati centralizzati per lo scambio di criptovalute. Il mercato di riferimento per lo scambio di criptovalute è però una società cinese di nome Binance in cui si scambiano ogni giorno 25 miliardi di dollari di criptovalute contro i 2 miliardi di Coinbase. Con sede alla Cayman e con un azionariato misterioso, Binance sembra essere la Goldman Sachs delle criptovalute, ma in una versione molto più losca: offre ogni tipo di servizio, dal trading, al conto deposito con interessi, ai derivati. Ha procedure di antiriciclaggio praticamente inesistenti e questo è il principale motivo per cui è fra le piattaforme più utilizzate. Per facilitare ancor di più la vita a chi volesse utilizzare criptovaluta per riciclare denaro, Binance è anche dietro a Tether, un cosiddetto “stablecoin” il cui valore è legato al dollaro (1 tether = 1 dollaro). Se dovessi essere entrato in possesso di 5 bitcoin come bottino dall’ultimo attacco ransomware, puoi andare su Binance e convertire quei bitcoin in tether non preoccupandosi più della volatilità dei prezzi del Bitcoin. Tether Inc dice che per ogni tether ci sono corrispondenti riserve in dollari, ma il procuratore di New York ha qualche dubbio e ha imposto alla società di pubblicare audit dettagliati. Ad oggi Tether ha emesso moneta elettronica per 50 miliardi di dollari. 50 miliardi di dollari emessi da una società con sede nelle British Virgin Islands. Per fortuna Tether mostra un rassicurante report di una società di revisione chiamata Moore Cayman in cui si dice che è tutto ok.
Insomma, abbiamo il più grande mercato di scambio al mondo di criptovalute che non applica controlli antiriciclaggio e gioca a fare la banca centrale emettendo valuta agganciata al dollaro. Cosa può andare storto?
Recentemente Binance si è messa a vendere anche token legati ad azioni come Tesla, Coinbase (ironico), Microsoft, etc. Non c’è nessuna differenza tra un contratto CFD (contract for difference) su Tesla comprato su Fineco o un token Tesla comprato su Binance, ma il nome token è apparentemente più fico ed è ancora più fico poter vendere quel CFD senza alcun tipo di regolamentazione o ad un anonimo estorsore che può convertire direttamente Bitcoin in azioni Tesla. Cosa può andare storto?
La risposta è: DeFI.
DeFi
Se i mercati centralizzati come Coinbase e Binance possono in qualche modo rappresentare una contraddizione rispetto al concetto di criptovaluta ed essere potenzialmente fonte di truffe, perché non ricorrere a mercati del tutto decentralizzati? Si chiama finanza decentralizzata ed è stata la moda dell’estate con un fiorire di applicazioni decentralizzate che svolgono i compiti normalmente presi in carico da intermediari complessi come Binance o Coinbase attraverso smart contract che girano sulla rete Ethereum.
Prima potevi creare la tua criptovaluta, pubblicizzarla con una white paper e pagare Binance o Coinbase per “quotarla” così da permettere agli utenti di acquistarla in cambio di dollari o altre criptovalute. Binance è stata particolarmente lasca nel quotare qualsiasi tipo di progetto, ma comunque richiede un minimo di sostanza e tempo.
Su sistemi decentralizzati come Uniswap, Sushi o Pancake puoi quotare in pochi minuti criptovalute che non servono a niente, molto spesso cloni di altre criptovalute, con nomi accattivanti come $Ass o $Cummies, pomparle su TikTok e guadagnare milioni di pochi minuti trascinando morti di FOMO su Uniswap per scambiare Ethereum con $Ass.
La corsa alla DeFI è il motivo dietro le quotazioni stellari di Ethereum. Ogni volta che viene sviluppato una nuova applicazione decetralizzata come un exchange decentralizzato, questa gira su Ethereum. E ogni volta che viene “quotato” un nuovo token su questi mercati decentralizzati, questo paga “pegno” al mercato decentralizzato che a sua volta paga pegno alle rete Ethereum.
Se vi ha stupito il raddoppio delle quotazioni di Bitcoin in 4 mesi, Ethereum nello stesso periodo ha fatto +425%.
Dietro ai Bitcoin c’erano le migliori intenzioni, ma alla fine sono diventate la moneta di scambio di estorsori, criminali, spacciatori e speculatori. La DeFi ripercorrere in maniera amplificata le tappe del Bitcoin: da progetto avveniristico di democratizzazione del denaro, a incubo finanziario.
Finanza normale
Tornando alla finanza centralizzata e normale, Piraeus, una delle banche greche più malmesse, è riuscita a completare un aumento di capitale da 1 miliardo di euro che ha fatto diluire la quota in mano al fondo salvabanche greco (HSFS) dal 61% al 27%.
Anche dal Portogallo, un altro salvataggio che si conclude bene. La Commissione Europea ha dichiarato finito il periodo di monitoraggio speciale a cui era sottoposta Caixa Geral dopo la ricapitalizzazione del 2017 che ha visto lo stato prendere il controllo con il 100%. La banca è ora profittevole, ha realizzato il piano industriale e superato il “test di mercato”. Potrebbe ora essere venduta senza problemi oppure lo stato può continuare a tenerla in mano pubblica senza che questo sia considerato aiuto di stato.
In Italia, non abbiamo un fondo salvabanche, ma diversi buchi neri tra cui il più grande si chiama MPS, a cui lo stato italiano partecipa con il 64%. Anche MPS deve fare un aumento di capitale, ma qui in Italia i panni sporchi si lavano in casa, l’azionista di maggioranza (lo stato italiano) vota contro le azioni di responsabilità verso il management precedente e alla fine ci metteremo altri soldi affinché qualcuno si occupi discretamente del problema.
E’ tutto. Nel prossimo numero vogliono parlare di Pagaya, perché non tutto il fintech è il male, eh! Come al solito, se vi è piaciuta questa newsletter, inoltratela a un collega o un amico e condividete sui vostri social.